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L’ex sindaco Paolo Barboni fa le carte alla politica eugubina: “La sinistra rischia se coltiva vendette”

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Paolo Barboni, sindaco dal 1985 al 1997, racconta in esclusiva la città del presente e le sfide del futuro sul fronte sviluppo e occupazione.

Barboni, com’è la città oggi vista da chi l’ha amministrata per dodici anni?
“Con più dotazioni infrastrutturali materiali e immateriali che, magari con ritardi esasperanti rispetto ad altri territori, rappresentano il presupposto di ogni forma di competitività e programmazione allo sviluppo. Di sicuro la viabilità ma direi soprattutto la fibra ottica anche se vedo il rischio che serva solo per chattare e non per aprire opportunità di sviluppo nell’economia immateriale. Dal punto di vista più legato alle competenze dirette dell’Amministrazione Comunale, vedo purtroppo sopravvivere carenze annose che ho lasciato e che non dipende dalla volontà di questo o quel sindaco risolvere, ma dalla situazione disastrosa della finanza locale. Basti pensare ai vicoli del centro storico o alla viabilità rurale. Un mio rammarico è legato alla progettazione e realizzazione di opere programmate durante i miei mandati amministrativi e successivamente realizzate, come il parcheggio di San Pietro che, al di là di essere incompiuto, non mi sembra realizzi sul prospetto di via di Fonte Avellana quella delicatezza di approccio che ogni centro storico richiede”.

La crisi economica è il vero problema o c’è dell’altro?
“Analisi complessa. Le letture più acute del nostro contesto locale sono quelle di eugubini che vivono per lavoro lontano da Gubbio, che sentono vivissimo il richiamo alle nostre tradizioni ma che ritengono altresì inconciliabile adagiarsi tutto l’anno sulle stesse. Abbiamo vissuto decenni in cui pubblica amministrazione ed economia del cemento hanno garantito reddito e lavoro. Entrambe non potranno più farlo in maniera esaustiva e il turismo da solo non può supplire. Come in architettura si progettano edifici iperstatici, ove il venir meno di un singolo pilone non determina il crollo del fabbricato, occorre la convinzione nei padri e nei figli che non la ricerca del posto ma formazione, inventiva e voglia di fare sono insostituibili per il destino dei singoli e della comunità. E la politica non deve fare promesse ma garantire pari opportunità”.

Progettualità e capacità operativa valorizzano Gubbio adeguatamente?
“Siamo tutti insoddisfatti del mondo e chi ne paga le conseguenze sono gli amministratori di prossimità, in primis i sindaci. Io che avevo fiducia in Bassanini e nelle sue semplificazioni, oggi vedo il delirio burocratico, l’accavallarsi di competenze, i tempi geologici di sempre per passare dal programmare un intervento al suo finanziamento alla realizzazione. Mi pare che questa Amministrazione Comunale abbia saputo reperire risorse finanziarie extra bilancio importanti anche se sarà la prossima a spenderle”.

La sinistra eugubina ha sempre governato con varie formule: risorsa o limite?
“Anche in una piccola città come la nostra, la politica è pur sempre l’arte del possibile. Le formule del passato avevano forse qualche transfuga ma strutture di partito che oggi non esistono più. L’elettorato si sente ormai in libertà e senza appartenenze precostituite. Non sono abituato ad alcuna mitizzazione e non dico un tempo era meglio o peggio. Diciamo che rispetto all’effimero dato dai like su un social media, nelle riunioni tra persone fisiche la discussione e il deliberato finale sono una cosa più seria”.

Quale valore assegna, nella prospettiva delle elezioni Comunali 2019, al 37% ottenuto dai 5 Stelle e il 17% alle politiche di marzo?
“Ciò che è avvenuto in Italia può ovviamente avvenire a Gubbio. Mi aspetto però dagli eugubini, qualunque essa sia, una decisione con la testa: fattibilità delle proposte, aderenza e conoscenza del territorio, capacità dei candidati a tradurre in operatività i progammi presentati”.

Cosa dobbiamo aspettarci l’anno prossimo?
“Non seguo più la politica locale, le voci che mi arrivano parlano di un ‘cupio dissolvi’ del centrosinistra se non si ritrova la volontà di voler e volersi aggregare piuttosto che coltivare vendette”.

Sa che Goracci potrebbe tornare in campo?
“Libero di farlo”.

Lei ha mai pensato di riproporsi per un nuovo impegno politico?
“Ricordate Cincinnato che i Romani richiamavano nei momenti bui? Beh, Cincinnato vuol dire riccioluto e io non rientro in questa categoria umana”.