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Il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha ordinato i sacerdoti Edoardo Mariotti e Andrea Svanosio

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Edoardo Mariotti e Andrea Svanosio subito dopo l'ordinazione sacerdotale
Ecco il testo integrale dell’omelia pronunciata dal vescovo di Gubbio, monsignor Luciano Paolucci Bedini, in occasione dell’ordinazione sacerdotale dei diaconi Edoardo Mariotti e Andrea Svanosio, in Cattedrale a Gubbio. “Carissimi Edoardo e Andrea, questa nostra Cattedrale è piena della gioia di Dio stasera, e ancora una volta l’assemblea del suo popolo, riunita in preghiera, accoglie la sua provvidente presenza e permette al Signore di agire tra noi la sua eterna misericordia.
Un caro saluto rivolgo alle vostre famiglie, di cui Dio si è servito per donarvi la vita e chiamarvi alla fede, e alle delegazioni fraterne provenienti dalle vostre parrocchie di origine, che unite a noi stasera, senza confini, assistono allo spettacolo della grazia divina che opera la salvezza per i suoi figli.
Un saluto speciale lo rivolgo al Vescovo Mario, che desiderava essere qui con noi, ma è stato impedito da un po’ di affaticamento, e che vi assicura la sua preghiera e la sua benedizione.È questa Chiesa che stasera vi genera al ministero presbiterale. È per questo popolo che venite consacrati a Dio per sempre a totale servizio del suo Regno. A questa famiglia venite affidati, perché attraverso il suo affetto e la sua cura possiate crescere ancora nell’amore a Dio e ai suoi figli. Di questi fratelli e sorelle siete costituiti padri nella fede, per essere riflessi limpidi della tenerezza del Padre misericordioso; guide sagge e prudenti, nutrite della sapienza di Dio; fratelli maggiori, che sanno prendere per mano e accompagnare ogni stagione della vita. Solo per amore. Solo con la forza dello Spirito Santo. Venite ordinati in questo mese di ottobre, tradizionalmente dedicato alle missioni, e quest’anno straordinariamente indicato da Papa Francesco come occasione per risvegliare il desiderio e il coraggio di annunciare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. E anche voi, siete consacrati in questa Chiesa di Gubbio, ma per il mondo intero. Nessuna terra vi sia estranea. Non vi sia indifferente la sorte di nessun popolo. La Chiesa si sente di casa ad ogni latitudine e in ogni cultura, e voi siete ministri di questa Chiesa.Essendo ammessi, per la grazia del sacramento, a partecipare del sacerdozio di Cristo, voi siete anche introdotti nel nostro presbiterio. Un nuovo legame viene suscitato dallo Spirito Santo tra la vostra persona e il vescovo, e in forza di questo con tutti i confratelli sacerdoti. Noi che oggi vi accogliamo chiediamo a Dio di farci degni di tanta gioia e grati di tanta grazia. A noi sacerdoti tocca l’esempio e la premura verso di voi. Ma, anche a voi viene affidato questo sacro legame. Alla vostra custodia è consegnata la responsabilità di consolidare e rinsaldare i nodi che vi stringono a questa rete e per cui ciascun presbitero è reso capace di donare la potenza dell’amore di Cristo che vince la morte. Non siate mai voi a lacerare questa unità. Non vi smarrite dietro critiche distruttive e inutili. Non fermatevi mai al sentito dire. Non vi isolate con presunzione. Non tacete per superbia. Cercate invece la fraternità. Continuate a bussare alle porte chiuse. Mettete in gioco i vostri doni. Condividete la vostra fede. Offrite il vostro ascolto e la vostra cura. Lavorate per la riconciliazione. Aspettate chi di noi fa più fatica. Pregate sempre, ogni giorno, per ciascuno dei vostri fratelli preti.Cari Andrea ed Edoardo, voi diventate preti nella domenica dei dieci lebbrosi. Gesù sta salendo a Gerusalemme, va a dare la sua vita per salvare il mondo. Lungo il cammino attraversa regioni e villaggi, attraversa mondi diversi e varie situazioni umane. Gesù cammina con decisione verso Gerusalemme, ma non teme di fermarsi. Anzi sa di doversi fermare. Ogni incontro è un appuntamento ed illumina sempre di più il suo andare verso la croce. Non solo Gesù si ferma, egli entra. Entra nei villaggi, nelle case, nella vita dell’uomo che incontra. Come discepoli scelti da Gesù, per divenire suoi apostoli, anche voi camminate con lui. La metà è chiara: Dio salva attraverso Gesù donando una vita nuova. Ma nel cammino Gesù si ferma per raccogliere tutta la sofferenza degli uomini e portarla a Gerusalemme, nel suo corpo, e inchiodarla per sempre su quella croce. Si ferma ed entra. È questo il metodo della salvezza. Con lui, con Gesù, l’unico ed eterno sacerdote, e mai senza di lui, fermatevi anche voi ed entrate nella vita degli uomini e delle donne che incontrerete e a cui sarete inviati. Accostatevi e chinatevi sulle loro ferite, sulle piaghe del corpo e del cuore, sulle sconfitte, sulle amarezze, sulle povertà e miserie, sulle solitudini e sulle paure, sulla loro fame e sete di vita. E con loro invocate la consolazione di Dio Padre, rianimate la speranza, sostenete la fiducia, spartite le lacrime e i dolori. Fatevi padre per chi fatica a sentirsi figlio, fratello per chi non si fida dei fratelli, amico per chi non ha amici.Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Uno solo. Il nostro sguardo umano direbbe che il bilancio è fortemente negativo. Solo uno si è accorto che Dio lo ha guarito tramite Gesù, e torna a ringraziare. Torna e rende grazie, fa eucaristia!
Il comandante Naaman, nella prima lettura, tornando dal profeta Eliseo, dopo essere stato guarito dalla sua lebbra, ce lo ricordava: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». È stato guarito, sa che è un dono di Dio, e sente il bisogno di ringraziare. Il dramma di questa nostra epoca è che non sappiamo più dire grazie, e soprattutto non sappiamo a chi rendere grazie. Si fatica a riconoscere i bisogni veri, ad accorgerci quanto abbiamo ricevuto gratuitamente come un dono, e non ci è facile individuare la sorgente di questo dono immenso. I nostri occhi sono ciechi all’azione di Dio tra di noi, in noi e nei nostri fratelli. In ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi (Alleluia).
Ragazzi, insegnate a rendere grazie! A gioire dei doni gratuiti di Dio. Celebrate con il popolo questo rendimento di grazie, e aiutate i vostri fratelli a fare eucaristia con la loro vita. Educate i vostri figli a restituire gratuitamente quanto hanno ricevuto, a chinarsi sulle debolezze dell’umanità, e fatelo con loro. Non accettate i grazie della gente per voi se non potete rigirarli a Dio. Non accettate regali per voi se non credete che sono per il Signore e per il suo servizio. Tutto quello che ricevete, perché siete suoi servitori, non è per voi, ma è per rendere grazie a Lui e perché altri, vedendo le vostre vite, rendano grazie al Padre che è nei cieli.Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?».
Troppe volte, anche noi, di fronte all’umanità ferita e affamata, vediamo prima la superficie più che la sostanza. Tutti vedono un samaritano, uno straniero. Gesù vede dieci uomini lebbrosi. Non è Gesù che si scandalizza del fatto che l’unico a rendere grazie è uno straniero, lo fa notare a noi. Siamo noi che vediamo prima le differenze che la verità della nostra uguaglianza davanti a Dio. E questo spesso ci frena e ci impedisce di lasciare che il Signore tocchi la vita del fratello attraverso il nostro servizio. Non fermatevi di fronte all’altro. A chi è differente da noi, chi la pensa diversamente, chi fonda la sua vita su convinzioni altre, chi abita in un’altra terra o solo in un’altra via, chi non è cresciuto con noi o tra di noi, chi ha fatto scelte che non condividiamo, chi desidera sentire l’amore di Dio ma non lo sente. A tutti siete mandati, perché Gesù a tutti è andato incontro e a tutti ha fatto del bene. Al termine di questa riflessione permettetemi di fare mie le parole di Paolo a Timoteo. E non senza emozione.
Figli miei, ricordatevi di Gesù Cristo, risorto dai morti, come ci annuncia il Vangelo del quale io sono servo, insieme ai miei fratelli presbiteri, e per il quale abbiamo dato la vita, e soffriamo perché spesso non è accolto e sembra non portare frutto tra gli uomini. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò sopportate anche voi ogni cosa con noi per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Amen”.