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Don Claudio difensore della Dottrina della Fede tra le persecuzioni

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Don Claudio Crescimanno

La Dottrina della Fede ispira e accompagna da sempre l’esistenza di don Claudio Crescimanno, sacerdote di profonda cultura e conoscenza teologica da preservarne ogni segno come nel suo percorso anche nella diocesi di Gubbio da parroco a Cantiano nel 2009. Un martire del nostro tempo, in una Chiesa minata alle fondamenta tra relativismo e scandali, che è salito suo malgrado alla ribalta della cronaca nazionale perché nella diocesi di Reggio Emilia, dove si è trasferito sebbene incardinato in quella di Isernia-Venafro, si macchierebbe della colpa di celebrare in un capannone della sua tenuta la messa in latino secondo il rito tridentino, conosciuta come la “messa tradizionale” ripristinata con motu proprio da Papa Benedetto XVI.

Don Claudio, 55 anni, viene bollato come prete abusivo poiché sarebbe circondato da fedeli per il rito in latino nella cooperativa agricola Sant’Isidoro a Casalgrande Alta, al confine tra Reggio e Modena, che la diocesi non vede di buon’occhio tanto da averlo diffidato. Tra storie di preti e seminaristi gay, pedofili e coinvolti nelle peggiori vicende di cronaca e di esercizio del sacerdozio, ora il problema è un consacrato che suscita la morbosa attenzione dei media, sobillati da gole profonde e affiliati delle gerarchie ecclesiastiche, per aver trovato un pezzo di terra da lavorare e dove accoglie famiglie e amici ai quali insegna e che guida spiritualmente.

La stima verso don Claudio è diffusa e delle sue impronte teologiche ci sono tracce profonde, come la partecipazione a conferenze e convegni insieme a relatori tra i più prestigiosi del panorama culturale cattolico.
Don Claudio, che ha la sua famiglia a Modena, ormai da tempo si è stabilito a Casalgrande, nel distretto ceramico, dove ha radunato una comunità che si ritrova quasi quotidianamente anche per percorsi formativi e di preghiera. Alla diocesi questa cosa non va giù e ha informato della vicenda anche la Santa Sede diffidando con una serie di raccomandate e messaggi consegnati direttamente, ai quali don Claudio non sta dando risposta dopo aver cercato invano di incontrare il vescovo.

La persecuzione verso il prete si spinge oltre, tra gli anatemi sulle normative anti contagio che non verrebbero rispettate e un’ispezione degli uffici comunali per una struttura in telaio metallico non autorizzata con ordinanza del sindaco di immediata rimozione. I giornalisti pressano gli abitanti della zona e inseguono lo stesso don Claudio, restando sui “si dice” e facendo processi sommari.
La morbosità mediatica non ha risparmiato il circo politico, con un assessore comunale di Sassuolo, governato dal centrodestra dopo decenni sempre in mano alla sinistra, finito nel tritacarne perché parteciperebbe alle messe celebrate da don Claudio dopo aver stanziato un po’ di soldi per portare nelle scuole pensatori che prendono le distanze dalle normative attuali sul contrasto alla pandemia. Al povero don Claudio manca solo la prova dell’estremo sacrificio coi leoni al Colosseo.