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Ceri Mezzani tra emozioni e cadute

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Ceri Mezzani

L’emulazione più bella, quella che si tramanda in famiglia, caratterizza i Ceri attraversando tutte le età. Così il passaggio dal 15 maggio all’appuntamento con i Mezzani, riservati agli adolescenti nella penultima domenica di maggio, viene in modo del tutto naturale e con lo stesso straordinario carico di emozioni. Stavolta si è trasferita anche tutta la carica emotiva accumulata nei due anni senza la festa a causa della pandemia.

È stato il giorno tanto atteso per i Capodieci Tommaso Piccotti di Sant’Ubaldo, Matteo Filippetti di San Giorgio e Michele Fiorucci di Sant’Antonio, che scelti nel 2020 sono stati confermati nel ruolo e hanno quindi potuto sprigionare tutto l’entusiasmo tenuto dentro per troppo tempo. Con loro i Capitani, Manuel Frenguellotti e Leonardo Fiorucci, l’alfiere Nicolò Chiocci e il trombettiere Alessandro Mercorella, circondati dall’entusiasmo dei giovani protagonisti e contagioso per i turisti sotto una splendida giornata di sole. Non era obbligatorio, ma soltanto raccomandato, l’uso delle mascherine per gli spettatori e naturalmente, come per il 15 maggio, se ne sono viste davvero poche.

“Bisogna portare Sant’Ubaldo nel cuore, dev’esserci un popolo solo al di là dei colori. Un unico popolo unito nel patrono. La festa va vissuta nel segno del dimorare, ricordare e pacificare”, ha detto il cappellano dei Ceri, don Mirko Orsini, nell’omelia della messa nella chiesetta di San Francesco della Pace detta dei Muratori prima della sfilata con le statue lignee dei santi. Il copione dei Ceri Mezzani ricalca in tutto per tutto quello del 15 maggio, e a distanza di una settimana si sono rivissute le stesse fasi con l’Alzata perfetta al mattino e le tre “girate” spettacolari in piazza Grande.

La corsa è stata veloce, vedendo i Ceri lanciati dai ragazzi lungo la Calata dei Neri e fino a risalire i ripidi “stradoni” del monte Ingino nel chiostro della basilica e davanti l’urna che custodisce le spoglie incorrotte del patrono. Ci sono rimasti malissimo i Santantoniari per la caduta lungo la Calata dei Ferranti e i Sangiorgiari quando il Cero nel completare la terza “girata” della sera in piazza Grande, sul cambio è finito rovinosamente a terra verso l’interno. A quel punto i Santubaldari hanno gestito tranquillamente l’ultimo tratto cittadino di via XX Settembre, primo e secondo Buchetto, fino a risalire in tutta tranquillità il monte Ingino e – dopo poco più di nove minuti per completare il chilometro e 800 metri della salita – chiudere il portone della basilica, lasciando fuori gli altri due Ceri nell’epilogo agonistico da competizione sempre discusso e controverso della festa.

Il bollettino medico ha registrato dopo l’Alzata un soggetto colpito da trauma facciale e uno da trauma della spalla con ricorso ai sanitari dell’ospedale a Branca. Ci sono stati anche uno svenimento e quattro ferite suturate.

Felicità e stanchezza si sono fuse nel ritorno in città, consumando attimo per attimo la giornata più lunga e bella degli adolescenti. Sarà così pure il 2 giugno con i Ceri Piccoli nella festa senza tempo e per tutte le età.