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Css nei cementifici, la maggioranza ha già detto a Stirati di rinunciare al Consiglio di Stato

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Palazzo Pretorio sede del Comune di Gubbio

Non tutti nella maggioranza pensano che andare a caccia di voti significhi dover spendere, per cavalcare i comitati ambientalisti e nel duello infinito con la sinistra radicale goracciana, i soldi dei cittadini per ricorsi legali persi ancor prima di inoltrarli, come ha rivelato l’epilogo al Tar sull’autorizzazione della Regione Umbria per l’uso del Css (Combustibile solido secondario) nei cementifici Barbetti e Colacem di Semonte e Ghigiano dopo l’altro respinto sul traliccio della telefonia mobile a Padule.

Nella coalizione del sindaco Filippo Mario Stirati c’è anche chi ha timore che la Corte dei Conti dell’Umbria possa muoversi e andare a controllare queste iniziative che ricadono sui già derelitti bilanci del Comune e dunque sulle tasche dei cittadini, soprattutto se i risvolti potrebbero essere più per coltivare un certo consenso elettorale e la battaglia politica che per il reale concreto interesse della comunità.

Per questo all’ultimo summit dei capogruppo della maggioranza è stato deciso di chiudere il discorso contro l’autorizzazione regionale che si fonda sul Decreto Cingolani per la semplificazione e le normative nazionali ed europee sui combustibili alternativi per le cementerie. Dunque, salvo sorprese non dovrebbe esserci il ricorso al Consiglio di Stato dopo che il Tar dell’Umbria ha respinto il ricorso del Comune, anche se qualcuno nei Liberi e Democratici – che sono il partito del sindaco e sono al lavoro per confermarsi al potere per guidare la città e trovare il modo di piazzare lo stesso Stirati in Regione nel 2024 – potrebbe spingere per andare comunque avanti.

Stirati per ora ha preso atto della sentenza al Tar e ha annunciato di doversi consultare con il legale del Comune, la cui parcella naturalmente è carico dei cittadini nel bilancio, per valutare la situazione.

Il Tar dell’Umbria il 12 gennaio scorso ha respinto il ricorso del Comune accogliendo le tesi difensive della Regione e dei gruppi cementieri nel ritenere che non c’è modifica sostanziale nei processi produttivi rispetto alle modifiche richieste. Resta in piedi il ricorso dei comitati ambientalisti allo stesso Tar dell’Umbria che su questo dovrà pronunciarsi, fermo restando che l’impostazione dell’opposizione all’autorizzazione regionale è sostanzialmente la stessa e che il tribunale dovrebbe di fatto sconfessare se stesso.