di LUIGI GIRLANDA
L’elezione di Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, ha riportato al centro dell’attenzione mediatica figure di riferimento del pensiero cattolico, tra cui spicca il grande Dottore della Chiesa, Sant’Agostino. Non è un caso: il nuovo Pontefice appartiene proprio all’Ordine di Sant’Agostino. Una realtà ben conosciuta anche a Gubbio, dove gli Agostiniani vantano una presenza storica e incisiva, testimoniata dalla più grande parrocchia cittadina dedicata proprio al santo di Ippona.
Immediatamente, in diverse trasmissioni, sono tornate a riecheggiare le parole del santo: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Parole potenti, evocative, ma oggi svuotate del loro significato autentico. Nel sentire comune, questa espressione sembra giustificare ogni comportamento, purché sorretto da quello che viene chiamato “amore”. Una lettura semplicistica, che riduce una delle intuizioni più alte di Sant’Agostino a un banale inno al sentimentalismo. Un equivoco che ricorda il ritornello della canzone “Sentimento Pentimento”, scritta da Stefano Palatresi e portata al successo dai Neri per Caso nel 1995: “Quando c’è sentimento non c’è mai pentimento”. Quasi che Sant’Agostino fosse un precursore dei Neri per Caso, questa citazione viene oggi ridotta a un motto da canzonetta, svuotato della sua portata teologica e trasformato in un lasciapassare per ogni capriccio. Ma cosa intendeva davvero il grande Dottore della Chiesa?
Il vero senso dell’amore cristiano
La frase completa, tratta dai Commenti alla Prima Lettera di Giovanni (In Epistulam Ioannis ad Parthos Tractatus VII, 8), recita così: “Ama e fa’ ciò che vuoi. Se taci, taci per amore; se gridi, grida per amore; se correggi, correggi per amore; se perdoni, perdona per amore. Abbi in fondo al cuore la radice dell’amore: da questa radice non può uscire che il bene”.
Queste parole rivelano un significato ben lontano dalla banalizzazione moderna. L’amore di cui parla Sant’Agostino non è un’emozione superficiale o un semplice istinto. Non è l’amore sentimentale e passionale che giustifica ogni azione; è, al contrario, un amore ordinato al bene, alla verità, alla salvezza eterna. Amare nel senso cattolico significa volere il bene autentico dell’altro, e questo bene supremo è la salvezza.
Cristo stesso, ricorda San Paolo, ne è l’esempio perfetto: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Filippesi 2,6-7). L’amore autentico si sacrifica, corregge, guida verso la verità. Ed è nella dottrina e nei comandamenti di Dio che questa verità si conosce e si esprime chiaramente. Un amore che conduce al peccato, alla menzogna, alla perdizione, non è amore. È, al contrario, un inganno travestito da virtù.
Non a caso, nel Vangelo di Giovanni, Gesù afferma: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” (14,15) e, lo stesso evangelista, scrive ancora in una sua lettera: “Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio: nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi” (1 Giovanni 5,2-3).
L’amore autentico, dunque, non è arbitrario, non è privo di una misura oggettiva. Questa misura è data dai comandamenti di Dio, che non sono un limite alla libertà, ma il sentiero che conduce alla vera vita. Ridurre “ama e fa’ ciò che vuoi” a uno slogan sentimentale significa svuotarlo del suo senso più profondo, tradendo l’intuizione geniale di Sant’Agostino.
La Verità che rende liberi
Sant’Agostino, con quella frase, ci indica una verità profonda: chi ama veramente non ha bisogno della legge esterna, perché la legge è già nel suo cuore. Chi ama non desidera fare il male, perché l’amore autentico è intimamente legato al bene.
Come spiega San Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae (I-II, q. 100, a. 1), “l’amore è l’anima della legge”, un principio che guida ogni azione non per paura della punizione, ma per desiderio del bene e della giustizia. “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Matteo 7,12).
Ma il problema della modernità è aver confuso la libertà con l’assenza di limiti, scambiando l’autenticità del sentimento con la Verità che rende davvero liberi. Il Vangelo è chiaro: “Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi” (Giovanni 8,32).
Non è l’intensità del sentimento a liberare l’uomo, ma l’adesione alla Verità di Cristo. Un amore che giustifica tutto è un amore che giustifica anche il male. Un amore che si piega alle emozioni, che si adatta al desiderio del momento, è un amore che ha perduto la sua direzione. Al contrario, l’amore che vive nella Verità è l’unico che può davvero liberare, perché è un amore che non mente, che non si illude, che non si svende.
“Ama e fa’ ciò che vuoi” non è un lasciapassare per ogni capriccio. È un invito a vivere l’amore nella sua pienezza, quella pienezza che solo la Verità di Cristo può garantire. L’uomo moderno, perso nelle nebbie del relativismo, confonde l’assenza di regole con la libertà, l’intensità del sentimento con la pienezza della Verità. Ma, come Sant’Agostino ci insegna, non è l’intensità del cuore a dare misura al bene, ma la sua conformità alla Verità.
E forse è proprio qui che si gioca la grande illusione del nostro tempo: scambiare l’arbitrio per libertà, il desiderio per amore, l’emozione per verità. Sant’Agostino l’aveva capito bene: amare non è un’emozione da rincorrere, ma una scelta da compiere. Un atto di volontà radicato nella Verità, quella Verità che ci libera.
Tutto il resto è menzogna travestita da sentimento.
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