Il futuro delle cementerie eugubine fa paura. Almeno in questo momento storico. La battaglia sul Css, ideologica più che altro, s’innesta nei continui aumenti del costo dell’energia. Il quotidiano economico Milano Finanza di oggi, venerdì 7 ottobre, lancia un allarme davvero pesante. “In Italia l’industria del cemento rischia lo stop per il caro-bollette” è titolo dell’articolo a firma di Nicola Carosielli, che sottolinea i continui aumenti del costo dell’energia che “rischiano di innescare un processo irreversibile che potrebbe portare alla scomparsa dell’industria italiana del cemento, un settore strategico che sta alla base di tutta la catena produttiva delle costruzioni”.
Milano Finanza rilancia le fortissime preoccupazioni di Federbeton, l’associazione che riunisce le imprese produttrici di cemento e calcestruzzo. La produzione di cemento – scrive Carosielli – necessita di grandi quantità di energia elettrica che rappresenta più del 50 per cento dei costi di produzione. Dopo aver visto – prosegue – il prezzo d’acquisto medio dell’energia elettrica arrivare a 500 euro a Mwh in estate, nei primi giorni di ottobre si è registrato un prezzo medio di 280 euro Mwh, non più confrontabile con quello del 2019 di poco più di 50 euro o del 2020 di circa 40 euro. Un prezzo che ha, peraltro, oscillazioni giornaliere che rendono impossibile la programmazione della produzione.
Viene chiesto da Federbeton un intervento tempestivo del governo, ma in chiave eugubina la situazione è resa ancora più grave dal clima reso rovente da una parte della politica con quanti alimentano e cavalcano le paure popolari e le spinte ideologiche dei comitati ambientalisti ai quali strizzano l’occhio i politici dell’ultrasinistra radicale quasi esclusivamente per ragioni di coltivazione del consenso in chiave elettoralistica.
Nella direzione del contrasto all’attività delle due cementerie Barbetti e Colacem va la Giunta Stirati e una parte della maggioranza tra i ricorsi contro l’autorizzazione regionale all’utilizzo del Css, inoltrati peraltro con i costi a carico dei cittadini (se il Comune dovesse perdere saranno gli amministratori a corrispondere tutte le spese?), e un’azione politica distinta e distante preferendo considerare i due gruppi industriali buoni soltanto per finanziare le iniziative comunali.
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