di ANTONIO GIORGI
Le recenti indagini geofisiche nell’antica Iguvium hanno rivelato un affascinante capitolo della storia della città romana. Secondo quanto riportato sui social dalla Direzione Regionale Musei Umbria, grazie alla magnetometria e al georadar nel sottosuolo sono emerse numerose strutture, prevalentemente di natura edilizia. Ma la vera sorpresa si trova dietro il Teatro Romano: lì è stata individuata una struttura quadrangolare, interpretata come una piazza porticata. Come interpretare questo dato? Quando si parla di piazze porticate il più splendido esempio che probabilmente viene alla memoria è il foro di Cesare. Sappiamo da aree teatrali romane come quella di Pompei, che spesso adiacenti ai teatri stessi erano delle piazze quadrate porticate dove sostavano gli spettatori negli intervalli o in caso di maltempo.
Il dato che invece colpisce particolarmente, leggendo la scarna descrizione del risultato dell’indagine eugubina, è quello relativo alla presenza di un edificio di culto, un tempio posizionato sul lato meridionale. Se si trattasse davvero di una piazza quadrata circondata da un porticato e, come sembra anche da ambienti soprattutto sul lato est, se poi fosse confermata la presenza di un edificio di culto, ci troveremmo in presenza di uno spazio urbano religioso un po’ come, fatte le dovute proporzioni, per il tempio di Venere alle spalle del Teatro di Pompeo a Roma.
Da non dimenticare che il teatro da sempre è stato ritenuto occupare il limite nord della città di Iguvium. Gli studiosi della Soprintendenza qui avanzano un’ipotesi affascinante: “Questa scoperta assume un ruolo cruciale in connessione alle misteriose Tavole rinvenute nel Quattrocento nei pressi del teatro in ambienti sotterranei finora inesplorati”. In effetti la vicenda del ritrovamento delle Tavole nel secolo XV rimane offuscata dalla scarsità di documenti. Chi scrive ricorda la menzione dell’Atto di Cancelleria del 1456 presso l’Archivio di Stato cittadino riportato sul sito dell’Irdau (Istituto ricerche e documentazione sugli umbri) in cui è scritto come il Comune avesse acquisito tabulas septem eburneas variis litteris scriptas. Dunque, sette Tavole di avorio. Questo, considerato generalmente come un errore di trascrizione, contribuisce comunque a spiegare come la vicenda delle Tavole fosse molto intricata sin dall’origine del ritrovamento e dell’acquisizione.
Inoltre, il primo a parlare dell’area del teatro come luogo del rinvenimento fu lo Studioso Gabrielli alla fine del ‘500, molto tempo dopo. Pur senza altre prove archeologiche e documentali questa notizia è stata data finora per buona un po’ da tutti. Le ricerche, condotte dall’archeologa Laura Cerri grazie a un finanziamento richiesto dall’archeologa e direttrice del Teatro Romano di Gubbio Ilaria Venanzoni, adesso potrebbero portare un po’ di luce su tutta la vicenda.
Cosa puo’ significare tutto questo nel contesto della ricerca urbanistica sulla Iguvium romana? La Direzione Regionale Musei ritiene che la presenza di una struttura come questa potrebbe essere compatibile con gli ambienti sotterranei che la tradizione ricorda come i vani che custodirono le Tavole. Potrebbe essere difficile provarlo, così come capire a quale divinità fosse dedicato il tempio. Basti ricordare, a esempio, le difficoltà a individuare la divinità venerata nel vicino santuario della Guastuglia, per anni studiato. Si sa solo che probabilmente fosse una divinità femminile legata al culto delle acque. Non vediamo l’ora che si dia spazio agli scavi.
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