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Esplosione nel laboratorio a Canne Greche, carabiniere indagato per falsa testimonianza

Al processo di primo grado in corso al tribunale di Perugia, per la violenta esplosione al laboratorio di Green Genetics che trasformava la cannabis light, a Sette Strade in località Canne Greche, dove nel pomeriggio del 7 maggio 2021 persero la vita il diciannovenne Samuel Cuffaro e la cinquantaduenne Elisabetta D’Innocenti, con tre feriti, è emersa oggi (giovedì 16 gennaio) la posizione di un carabiniere del lavoro indagato per falsa testimonianza e falso.

La figlia dell’ex responsabile dei carabinieri del lavoro di Perugia ha lavorato per un periodo in nero per la Greenvest, nella trimmatura della canapa light, nella casa dove abitava con il padre. Questa circostanza è stata taciuta dal sottufficiale quando, mesi fa, ha deposto in aula sugli accertamenti condotti all’indomani dell’esplosione.

Il pubblico ministero, Gemma Miliani, durante l’udienza ha prodotto l’avviso di conclusione delle indagini svolte nei confronti del testimone che nel frattempo è andato in pensione. Il maresciallo, chiamato a verificare la regolarità dei rapporti di lavoro di Greenvest e Green Genetics, riferì in aula – falsamente secondo l’accusa – di avere scoperto un’unica posizione irregolare e non quella della propria congiunta; di non avere mai sentito parlare prima dello scoppio delle due società e di essere all’oscuro dell’attività che svolgevano (coltivazione e commercializzazione della canapa light).

In realtà le nuove indagini hanno appurato che tra le collaboratrici in nero delle società eugubine, riconducibili agli imputati, c’era appunto la figlia dell’allora capo provinciale dei carabinieri dell’ispettorato del lavoro di Perugia. Pagata a cottimo e senza contratto, lei non è coinvolta nella vicenda giudiziaria.

La prossima udienza è fissata a febbraio e verrà dedicata all’acquisizione di eventuali nuovi documenti e alla chiusura formale della fase istruttoria. Gli imputati sono cinque e devono rispondere di omicidio doloso, lesioni gravissime, detenzione illecita di sostanze stupefacenti (secondo l’accusa l’attività di manipolazione non era consentita e quindi inidonea a considerare il prodotto come cannabis light), oltre a incendio doloso e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.