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Ex cava di Casamorcia, l’inchiesta passa per i dati di pc e telefoni

I Carabinieri a Casamorcia per l'indagine sulla cava dismessa diventata area wellness

Dagli uffici tecnici del Comune sono stati prelevati giovedì scorso dati telefonici, account e documenti nell’attività di perquisizione e sequestro effettuata giovedì mattina nell’inchiesta sull’ex cava nella frazione di Casamorcia dove, secondo la Procura della Repubblica di Perugia con il pm Gianpaolo Mocetti titolare del fascicolo, sarebbe stata svolta un’attività di escavazione non autorizzata in un’area vincolata e quindi realizzata abusivamente un’area wellness.

Ci sono accuse pesanti che vanno dall’inquinamento ambientale all’impedimento del controllo, gestione illecita di rifiuti speciali, realizzazione di opere edilizie in assenza del permesso a costruire, abuso d’ufficio e presunto falso ideologico in certificati commesso da dipendenti pubblici.

L’Amministrazione Comunale ieri ha preso posizione: «L’area in questione – spiega una nota – era stata individuata dal Piano Regolatore sin dagli anni ’80 come zona nella quale era possibile l’attività edilizia. Gli uffici hanno agito in totale coerenza con ciò che lo stesso Prg indicava e indica ancora oggi, rilasciando due concessioni edilizie in piena regola che evidentemente non sarebbero state rispettate. Il Comune ha anche esercitato attività di vigilanza edilizia emettendo in seguito un’ordinanza successivamente impugnata dagli interessati.

Nel pieno rispetto delle indagini, in assoluta trasparenza e nella totale fiducia nell’operato dei dipendenti coinvolti, l’Amministrazione Comunale auspica ora una rapida e chiara risoluzione della situazione». I due dipendenti comunali coinvolti, tra gli otto complessivamente indagati, sono il dirigente Francesco Pes e il funzionario Andrea Bellucci, quest’ultimo rappresentato dal legale eugubino Mario Monacelli e coinvolto soltanto come responsabile del procedimento per il rilascio del permesso a costruire per realizzare il pozzo a uso domestico, al pari del geologo Arnaldo Ridolfi progettista dei lavori di quel pozzo.

La vicenda ruota principalmente attorno ai proprietari dell’area, il medico del lavoro Francesco Pierotti e la moglie Gabriella Bregolisse, poi a vario titolo sono sotto inchiesta anche l’architetto progettista Antonio Giliberti, il geologo Stefano Merangola e Riccardo Bei titolare dell’impresa che ha realizzato i lavori. La perquisizione di giovedì ha interessato Pierotti, Giliberti, Pes e Bellucci. Hanno gestito l’operazione a Gubbio i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico, della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica e il Comando provinciale di Perugia, nell’indagine iniziata nell’aprile 2020 quando i carabinieri del Noe, guidati dal tenente colonnello Francesco Motta, hanno riscontrato, con il supporto dell’ufficio Risorse Minerarie della Regione diretto dall’ingegnere Simone Padella e di Arpa Umbria, una serie di irregolarità legate al riambientamento dell’ex cava.

Per la Procura dall’area sono stati asportati 16.500 metri cubi di terra e roccia, con deterioramento territoriale, e al posto di una struttura in cemento armato per stabilizzare un versante è stata realizzata una costruzione con un garage, tre vani e un’ampia area benessere munita di piscina e sala macchine, oltre a un pozzo abusivo.