Il tribunale di Perugia ha respinto il ricorso di Giuseppe e Pasquale Colaiacovo disponendo che non ci sarà nessuna liquidazione del gruppo Financo-Colacem perché non si intravede l’urgenza nel farlo, dati anche i parametri economici oltremodo floridi. Ne dà notizia il giornalista economico Simone Filippetti su piccadillyduomo.com.
Il ramo familiare di Giuseppe Colaiacovo, imprenditore anche in proprio con la società Gold, che anni fa aveva quotato alla Borsa di Milano la telco Go Internet e che a sua volta contiene il 25 per cento della cassaforte Financo), aveva presentato un ricorso al tribunale di Perugia per chiedere la liquidazione della Financo, la capogruppo appunto, ritenendo che fosse impossibile governare con un consiglio di amministrazione diviso a metà, senza maggioranza, tanto che non è stato approvato il bilancio del 2023 e neppure è stato possibile eleggere il nuovo consiglio di amministrazione. In punta di diritto, le società che si trovano in stallo possono essere messe in liquidazione dalla magistratura.
Il giudice, oltre a respingere la liquidazione, ha anche intravisto – scrive Filippetti – un piano per distrarre liquidità dall’azienda per ripagare debiti a favore di terzi. Il braccio di ferro legale, però, non finisce con la mancata liquidazione e questa sentenza. Un anno fa lo stesso Giuseppe Colaiacovo si è alleato con Brunello Cucinelli e Gianluca Vacchi che ha concesso un finanziamento di 100 milioni di euro alla Gold di Giuseppe Colaiacovo, che a sua volta aveva dato in pegno le azioni della Financo. Proprio questo passaggio, la sentenza di Perugia sembra contestare.
A sua volta il ramo del cavaliere Carlo Colaiacovo aveva fatto ricorso contro questa operazione perché, a suo dire, violerebbe il diritto di prelazione degli altri familiari sulle quote della Financo. L’accordo con Cucinelli e Vacchi non sarebbe valido perché si tratterebbe di una vendita di fatto, anche se si tratta di un contratto di finanziamento, ovvero un prestito. Sulla questione, molto tecnica, si scontrano due pesi massimi dei legali d’affari italiani, entrambi di Milano: Paolo Montironi dello studio Nctm e Giuseppe Lombardi dello studio Be (Bonelli erede).
La scorsa estate il destino di Colacem, terzo produttore italiano di cemento e colosso internazionale, sembrava poter prendere la via dell’estero. Era arrivata un’offerta da parte della grande finanza internazionale. One Equity Partners, passaporto americano ma uffici nella captale inglese per l’Europa, si era fatto avanti con un assegno da 1,6 miliardi di dollari per il gruppo industriale di Gubbio. Dietro le quinte – argomenta Filippetti -, c’è una rivalità interna alla famiglia Colaiacovo, divisa in quattro rami, spaccati a metà. L’offerta, non vincolante, era però stata rifiutata dalla parte del cavaliere Carlo Colaiacovo, numero uno dell’azienda, e del nipote Ubaldo, mentre i rami familiari di Giuseppe e Pasquale erano favorevoli.
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