In tempi di pandemia, per giunta nei giorni in cui gli occhi di tutta la nazione sono rivolti verso l’Umbria e la provincia di Perugia (l’unica zona rossa d’Italia), un altro caso legato al mondo sanitario conferma tutte le difficoltà della macchina organizzativa all’interno delle strutture ospedaliere. Lo spunto arriva da una segnalazione inviata alla nostra redazione da parte della famiglia Vispi, un eugubino che nei giorni scorsi ha dovuto far fronte al ricovero del suocero presso il “Silvestrini” di Perugia. Con suo vivo stupore, solo molte ore dopo il ricovero del familiare è venuto a conoscenza del fatto che all’interno del reparto non vengono distribuite le bottigliette d’acqua da 50 cl per i pazienti, costretti a procurarsele da soli (a proprie spese) spostandosi dalla propria stanza al bar, che peraltro non è neppure nello stesso piano e reparto. Non potendo ricevere alcuna assistenza diretta da un familiare, a causa delle restrizioni Covid, il paziente eugubino è rimasto quasi una giornata intera senza bere, poiché impossibilitato a scendere fino al bar dell’ospedale, e senza che nessun infermiere si fosse accorto del problema. I familiari, una volta venuti a conoscenza della cosa, hanno immediatamente contattato il centralino del reparto dell’Ospedale “Silvestrini” sentendosi rispondere che avrebbero dovuto sapere che la struttura non fornisce alcun servizio di distribuzione d’acqua naturale ai pazienti. Dopo il sollecito telefonico, l’infermiere di turno ha provveduto a portare al paziente un bicchiere d’acqua, ma dal rubinetto del bagno interno della stanza, nonostante fosse stato chiesto di provvedere all’acquisto di qualche bottiglietta a spese del paziente. La famiglia Ferranti si dice pronta a tutelare gli interessi del familiare, denunciando quella che ritiene essere una gravissima mancanza nei confronti di un anziano (ricoverato per motivi indipendenti dal Covid-19) che necessita di idratarsi continuamente durante la giornata. Nel frattempo i familiari si sono attivati per consegnare una scorta di bottigliette d’acqua al proprio suocero, così da ovviare alle criticità emerse nelle prime 24 ore successive al ricovero.
SENZA ASSISTENZA. Il caso non è isolato: nelle settimane scorse, sempre al “Silvestrini”, una signora eugubina aveva programmato un ricovero per un piccolo intervento, e all’interno della stanza non aveva potuto ricevere alcuna assistenza da parte dei propri familiari per via delle normative Covid. Anche lei ha scoperto, solo una volta ricoverata, che avrebbe dovuto provvedere all’acquisto di bottigliette d’acqua per conto suo. La stessa ha raccontato poi che con lei nella stanza c’era un’anziana di 90 anni che per tutto il tempo della degenza non ha fatto altro che piangere, chiedendo in continuazione notizie e assistenza da parte dei propri familiari, impossibilitati però ad accedere al reparto. È stata la paziente eugubina, una volta che si è ripresa dall’intervento, ad aiutare l’anziana, ovviando alla mancanza dei familiari, quando sarebbe bastato fare un tampone a un parente e farlo restare permanentemente in reparto. Al di là del momento di forte criticità, con una pressione enorme sulle strutture ospedaliere regionali, traspare chiaramente l’idea di un’organizzazione un po’ approssimativa che finisce per danneggiare anche chi non entra nelle strutture per motivi riconducibili al Covid-19.
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