L’espressione abuso d’ufficio ha molte accezioni e risvolti, sia che ci siano di mezzo i soldi sia sui comportamenti e le scelte che possono favorire qualcuno penalizzando altri senza che le regole siano uguali per tutti. Quante volte lo si vede nella pubblica amministrazione, per mano di politici e dirigenti che tendono a fare sempre più spesso un po’ come gli pare, specie da quando hanno tolto gli organismi di vigilanza, come il Coreco (Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali). Il Governo Meloni ha deciso di dare un colpo di spugna abrogando il reato di abuso d’ufficio, che faceva da deterrente inducendo alla prudenza certe condotte sul filo della legalità, legittimità e trasparenza. La riforma del ministro della Giustizia, il settantasettenne Carlo Nordio, prospetta delle ripercussioni importanti anche su Gubbio.
CHE REGALO. Chi avrebbe mai pensato che un gruppo di politici di sinistra potessero beneficiare di un provvedimento di un governo di destra. Gli imputati del processo Trust, a cominciare dall’ex sindaco Orfeo Goracci, potranno giovarsi di questo provvedimento legislativo per vedere alleggerita la propria posizione processuale. Il processo di primo grado – in corso dal 2015 al tribunale di Perugia sull’inchiesta sfociata nell’arresto di Goracci e altri il 14 febbraio 2012 per una serie di reati e l’inquinamento delle prove sostenuto dalla pubblica accusa – vedrà rimossi dai capi d’imputazione dell’ex sindaco e degli altri tutte le contestazioni che si rifanno all’abuso d’ufficio abrogato. Sorprende per esempio che Goracci, impegnato quotidianamente a commentare sui social dell’universo mondo, non abbia ancora speso una parola sulla decisione delle destre di abrogare questo reato tra l’insurrezione delle sinistre. Cosa ne pensa? L’ex sindaco ha fatto sapere che lui alle domande dei giornalisti non amici e non allineati risponderebbe solo il “confronti pubblici diretti”. Magari sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio potrebbe far conoscere la sua posizione senza dover andare in piazza coi microfoni, il pubblico e le telecamere.
ALTRI RISVOLTI. L’abrogazione ha potenziali risvolti pure sulle attività dei Comuni, Gubbio compreso. La magistratura ordinaria e contabile, in ogni dove, è piena di esposti-denuncia sui comportamenti di politici e dirigenti che vengono accusati di fare scelte e adottare atti con molto arbitrio, talvolta tendenti ad agevolare qualcuno penalizzando altri. Rientravano nell’abuso d’ufficio tante condotte discutibili, come l’assegnazione di incarichi e appalti in un certo modo, fino ad altre situazioni politiche e gestionali. Il segnale del Governo Meloni apre una specie di “tana liberi tutti”. Del resto, ormai da anni la classe politica è impegnata a salvaguardare soprattutto se stessa, come testimoniano per esempio l’aumento sconsiderato degli stipendi a sindaci, assessori e presidenti del consiglio comunale deciso in piena crisi da Draghi e confermato dalla Meloni, e appunto l’abrogazione dell’abuso d’ufficio.
L’ESPERTO. L’avvocato eugubino Giovanni Vispi spiega ai lettori di VivoGubbio quanto è stato approvato dal parlamento.
Tanto tuonò, che piovve! Con 170 voti favorevoli e 77 contrari, la Camera dei Deputati ha definitivamente abrogato il 4 luglio il reato di abuso d’ufficio previsto dall’articolo 323 del Codice penale. Dopo ben cinque tentativi di restyling (l’ultimo nel 2020 sotto il Governo Conte in piena emergenza covid) l’articolo non ha convinto l’odierna maggioranza che ne ha decretato la definitiva abrogazione. Se le forze di governo plaudono al fatto che con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio verrà dichiarata la fine della “burocrazia difensiva” che per anni ha paralizzato molti amministratori pubblici che per paura di essere coinvolti in procedimenti penali si rifiutavano di autorizzare o rallentavano determinate spese pubbliche confortati, tra l’altro, dai dati processuali che evidenziano un ridotto numero di condanne per il reato, dall’altro le forze di opposizione hanno gridato allo scandalo sostenendo che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio “favorirà illegalità e
la corruzione di molti amministratori pubblici”. Ma vi è stata davvero una definitiva e totale abrogazione del reato di abuso d’ufficio? Se la questione la si esamina in punto di diritto verrebbe da dire no. O meglio, è vero che l’articolo 323 relativo all’abuso d’ufficio è stato cancellato ma lo stesso reato sembra continuare, almeno in parte, a rivivere in altre norme e in particolare in quella di peculato previsto dall’articolo 314bis di recente promulgazione. Ed è qui necessario fare una breve premessa: per sessant’anni, dal 1930 al 1990, l’articolo 314 (reato di peculato) puniva con la reclusione, nel massimo sino a 10 anni e 6 mesi di reclusione, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso di denaro o di altra cosa mobile appartenente alla pubblica amministrazione, se ne fosse appropriato, ovvero lo avesse distratto a profitto proprio o di terzi. Il reato di peculato, dunque, puniva inizialmente sia una condotta di appropriazione di denaro o cose pubbliche che una condotta di distrazione che si verificava quando il pubblico ufficiale avesse destinato e distratto il denaro o le altre cose pubbliche per finalità diverse da quelle previste dalla legge. Con la riforma del 1990 il reato di peculato venne limitato alla sola appropriazione, perché l’ipotesi di peculato per distrazione veniva fatta confluire nel reato ex articolo 323. Orbene, se oggi il reato di abuso d’ufficio è stato definitivamente abrogato, ne consegue che con esso risulterebbe abrogata anche l’ipotesi di peculato per distrazione. Per ovviare a tale inconveniente giuridico e nell’ottica di recepimento delle direttive europee che impongono a ogni Stato membro l’obbligo di incriminazione per il reato di peculato per distrazione a garanzia della lotta contro le frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione Europea, il Governo ha introdotto con il Decreto Legge svuotacarceri l’articolo 314bis che reintroduce il reato di peculato per distrazione, che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni “il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altre cosa mobile altrui, li destina ad un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto”.
In conclusione, quindi, per comprendere se l’abrogato reato di abuso d’ufficio ex articolo 323 e il novellato reato di peculato ex articolo 314bis superi l’esame che il governo si è posto, occorrerà attendere le prime pronunce dei giudici di merito e in seguito quelle di legittimità della Suprema Corte di Cassazione, salvo che nel frattempo, lo stesso decreto legge non subisca modifiche in corso di conversione.
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