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Il mito dello Spirito Santo che elegge il Papa

di LUIGI GIRLANDA

A ogni Conclave si sente ripetere, con una leggerezza disarmante, che ogni papa sia scelto direttamente dallo Spirito Santo. Una convinzione che, oltre a non trovare fondamento teologico, ha l’inquietante effetto di deresponsabilizzare ogni scelta, ogni errore, ogni scempio. Perché mai pregare per il Conclave, allora? Se lo Spirito Santo sceglie direttamente il Sommo Pontefice, a che serve implorare l’assistenza divina? Una contraddizione che pare sfuggire a molti.

Fu Benedetto XVI, con la sua proverbiale chiarezza, a smontare questa leggenda con poche parole, ma di straordinaria lucidità. Nel 1997, ancora cardinale Ratzinger, rispose con una punta di ironia alla domanda se lo Spirito Santo scegliesse davvero il Papa: “Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto”. Parole chiarissime, che nessuno osa citare quando si prova a difendere l’indifendibile. Parole che smontano il mito di un Conclave manovrato direttamente dal Cielo. Ratzinger spiegava che lo Spirito Santo ispira, guida, illumina, ma non impone. Lascia spazio alla libertà e alla responsabilità degli uomini. E gli uomini, si sa, possono anche non ascoltare.

Le cordate del potere

Negli ultimi decenni, si è diffusa la consuetudine di riunire le cosiddette “Congregazioni Generali” dei cardinali prima dell’inizio del Conclave. Questi incontri preliminari, pensati per discutere i problemi della Chiesa e delineare il profilo ideale del prossimo Papa, sono spesso l’occasione per stringere alleanze, formare cordate e delineare strategie. Il sospetto che la maggior parte dei giochi sia già fatta prima che le porte della Cappella Sistina si chiudano non è affatto infondato. Si entra in Conclave, si dice, non tanto per chiedere allo Spirito Santo di ispirare la scelta, ma di ratificare quanto è già stato deciso nei giorni precedenti.

Il rischio di non ascoltare lo Spirito

Ed è qui che emerge l’equivoco: lo Spirito Santo non impone, ma inclina; non determina, ma ispira. Agisce nel rispetto assoluto della libertà umana, offrendo una luce, un’indicazione, che però può essere ascoltata oppure no. È un’ispirazione che chiama, ma non costringe. Pensare che qualunque Papa venga eletto sia necessariamente scelto dallo Spirito Santo significa stravolgere l’autentica natura dell’azione divina. Lo Spirito può ispirare, ma la storia dimostra che non sempre viene ascoltato. Pregare per un Conclave significa chiedere che i cardinali siano docili a quella voce che parla in silenzio, che si manifesta nella coscienza e nel cuore di chi ha fede. Se ogni elezione fosse realmente voluta dallo Spirito Santo, non avrebbe senso la preghiera, non avrebbe senso il discernimento, non avrebbe senso l’invocazione dello Spirito. Pregare significa proprio riconoscere che c’è un rischio: il rischio di non ascoltarlo, di seguire le proprie agende, i propri calcoli, le proprie cordate. Ed è un rischio che la storia ci insegna a non sottovalutare. Oggi più che mai, per chiunque guardi la realtà al di fuori dello schema preconfezionato che media e neopastori ci propinano, questo rischio non è solo reale, ma assolutamente concreto.