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La vicenda giudiziaria del prescritto Goracci non è chiusa. Ci sono risvolti da chiarire

L'imputato Orfeo Goracci
La sentenza con la quale Orfeo Goracci lunedì scorso, 16 dicembre, è uscito dal processo Trust ha lasciato aperte due questioni molto importanti. Il presidente del tribunale di Perugia, Mariella Roberti, ha preso atto della prescrizione – intervenuta sui reati più gravi (associazione per delinquere, concussione, tentata concussione, minacce, falso materiale) – alla quale l’ex sindaco (e l’ex funzionario comunale Umberto Baccarini, oggi in pensione) non ha deciso di rinunciare, come invece hanno fatto gli altri 6 imputati (l’ex vicesindaco poi sindaco traghettatore Maria Cristina Ercoli, gli ex assessori Lucio Panfili e Graziano Cappannelli, i dipendenti comunali Lucia Cecili e Nadia Ercoli, l’ex segretario generale Paolo Cristiano). Non si tratta per Goracci di una sentenza di assoluzione, ma di proscioglimento per prescrizione.
Per quanto riguarda l’abuso d’ufficio la sentenza tiene conto dell’abrogazione del reato intervenuta già con il Decreto Legge numero 76 del 16 luglio 2020, varato dall’allora governo di Giuseppe Conte con Movimento 5 Stelle e Lega, prima ancora dell’ulteriore Legge Nordio numero 114/2024 entrata in vigore il 25 agosto scorso per volontà del governo di Giorgia Meloni e della destra.
La vicenda giudiziaria di Goracci comunque non è chiusa. Sono attese, infatti, le motivazioni della sentenza che il presidente del tribunale Roberti aveva annunciato nell’udienza del 12 novembre scorso esprimendo la decisione di voler procedere all’emissione (fissata appunto per il 16 dicembre scorso) sulla base di quanto disposto dall’articolo 129 del Codice di procedura penale. Nel dispositivo letto in aula a Perugia lunedì scorso, dopo circa mezz’ora di camera di consiglio, si fa riferimento esplicito alle motivazioni che verranno depositate entro 60 giorni.
Sarà quello un documento fondamentale, al quale guarderanno con attenzione e interesse anche gli imputati che hanno rinunciato alla prescrizione, le parti civili e quanti hanno seguito l’inchiesta Trust sin dagli albori, da quando tutto è cominciato il 14 febbraio 2012 con l’arresto di Goracci e altri tra politici ex amministratori, dipendenti ed ex dipendenti comunali , “in relazione a situazioni di concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova” (articolo 274 Codice di procedura penale); arresti che fecero scalpore, occupando i telegiornali e i media nazionali con ripercussioni pesantissime sull’immagine della città, tanto che il Comune di Gubbio si è costituito parte civile.
Le motivazioni potrebbero entrare anche nel merito dei reati contestati a Goracci, ovvero se la prescrizione si porta eventualmente dietro anche elementi di responsabilità. Anche perché l’avvocato Franco Libori, il 12 novembre scorso in aula, ha chiesto un’assoluzione nel merito dai reati contestati e solo in subordine un proscioglimento per prescrizione. La sentenza potrebbe dunque affrontare il merito delle contestazioni nelle motivazioni. La casistica – secondo esperti in materia penale – riporta che solitamente chi accede alla prescrizione e chiede al contempo un pronunciamento nel merito ottiene una citazione già nella sentenza di prescrizione qualora non siano ravvisati estremi di colpevolezza (è avvenuto anche per casi eclatanti in Umbria). Le motivazioni potrebbero dare un quadro ancor più esaustivo della vicenda, anche se non cambierebbe la sostanza della prescrizione che ha di fatto “salvato” Goracci, il quale si è sempre professato innocente ed estraneo ai fatti contestati.
L’opinione pubblica, soprattutto quanti lo seguono anche politicamente, si chiede come mai un esponente politico di lungo corso come lui che ama autodefinirsi “comunista nudo e puro” non abbia rinunciato alla prescrizione, che non è assoluzione. Si ricordano le posizioni della sinistra sulla prescrizione e le valutazioni di Goracci sulla prescrizione, giudicata in un modo per gli avversari politici e, per se stesso, evidentemente in un altro.
C’è poi un’altra questione delicata sulla quale potrebbero esserci sviluppi e si rifà all’udienza del 20 febbraio 2024, quando durante la deposizione dell’ingegnere Pio Francesco Baldinelli, testimone delle parti civili, è emerso lo spinoso caso dell’invio di lettere ai testi dell’accusa con richieste di risarcimento danni per le dichiarazioni rese durante le indagini. Questa vicenda specifica si collega anche alle presunte intimidazioni via social e in altra forma che Goracci avrebbe esercitato nei confronti di soggetti in qualche modo coinvolti anche professionalmente nella vicenda giudiziaria.
Vivogubbio e il quotidiano Il Messaggero sono le uniche due testate giornalistiche che hanno seguito fin dall’inizio meticolosamente questo caso giudiziario dagli effetti notevoli, sia per i reati contestati che per tutta una serie di risvolti tra coinvolgimenti diretti, esternazioni anche sui social impartite per lunghi anni dallo stesso Goracci e ripercussioni d’immagine. Chissà se per Goracci i giornalisti bravi, corretti ed equilibrati sono quelli che lo incensano (facendolo perfino passare per consigliere comunale anche se non lo è più) o lo invitano nei salotti televisivi facendogli fare passerelle tra sorrisi e galanterie. A Goracci è opportuno rivolgere domande chiare e dirette su tutta l’inchiesta Trust: VivoGubbio ci proverà e vedremo se risponderà senza evocare come in passato i dibattiti in piazza.
Giova ricordare che l’ex sindaco ha sfidato tutti sull’epilogo del processo, demonizzando i testimoni e chi ha sempre scritto la verità sostanziale dei fatti. Ragione di più per cui era lecito attendersi da parte sua l’aspettativa di una sentenza con la verità processuale e non quello che per lui può ritenersi un “artificio” giuridico, per quanto legittimo pur se sempre disconosciuto dalla sua parte e dal suo essere politico. Se e quanto sia una personale e morale contraddizione in termini – ovvero il contrario della coerenza – lo si lascia all’opinione pubblica.