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Massimo Columbu si lancia verso il prossimo Palio di Siena sperando nel sorteggio: “Sto preparando nove cavalli”

Sussurra ai cavalli, Massimo Columbu, la cui storia ha trovato largo spazio sull’edizione umbra di ieri (domenica 27 aprile) de Il Messaggero. Intesa perfetta, complicità totale, semplicemente perché tra i puledri che crescono forti e ambiziosi c’è nato e cresciuto. Professione allevatore, addestratore e fantino. Li plasma, li addestra, li cavalca. Massimo è nato a Gubbio, 51 anni il prossimo 12 giugno, di origini sarde, e il suo nome è conosciutissimo tra chi respira l’aria del Palio di Siena, da addetto ai lavori, appassionato o curioso. L’ha omaggiato il gruppo Sbandieratori con il Premio Bandiera, il 26 novembre 2022 nella sala Trecentesca di palazzo Pretorio, per aver allevato Remorex, fuoriclasse vincente entrato nella storia di Siena. Le sue sfide sono ai Pali, tutti in Toscana e su tutti quello senese che ha vissuto in prima linea 7 volte con 6 Contrade diverse, dalla prima con il Nicchio nel 1996, più le 4 volte di Remorex, il suo mezzosangue di razza che a ottobre del 2018 ha vinto il Palio straordinario nel centenario della prima guerra mondiale e ha poi concesso il bis ad agosto dell’anno successivo. Columbu nel 2000 aveva conquistato il primo trionfo, con il cavallo Urban, nel Palio straordinario di settembre.

Columbu, come mai la sua famiglia si stabilì a Gubbio?

“Il babbo arrivò dalla Sardegna emigrante e rilevò un’azienda del territorio, quella del conte Monacelli a Castiglione Aldobrando. Io sono nato e cresciuto qui, avevo cinque fratelli ma purtroppo Antonio non c’è più. Lui a due anni più di me e abbiamo condiviso tutto, mi ha guidato. Ora Davide, il più piccolo di noi, è tornato a fare il fantino e corre oggi (domenica, ndc) a Merano. Anche mio figlio ventiduenne, Alessandro, ha intrapreso la mia strada: ha la stoffa, sia come addestratore che come fantino”.

La passione per i cavalli è una tradizione di famiglia?

“Ce l’abbiamo da sempre, ci siamo nati. Fanno parte della nostra vita, non è soltanto un lavoro. Ci vuole tanta passione per seguirli”.

Si sta preparando a una nuova avventura?

“Sto addestrando 9 cavalli per il Palio di Siena di quest’anno, compreso Remorex che ha 15 anni, è sempre in gran forma e molto quotato. Ho diversi contatti con le Contrade, aspetto l’estrazione l’ultima domenica di maggio. Ho buone possibilità di correre, deciderà la sorte. Ci tengo a esserci, sia a livello personale che con i nostri cavalli”.

Le piace più allevarli o cavalcarli?

“Sicuramente mi gratifica di più cavalcarli. Il mio rapporto viene naturale, assecondo il volere del cavallo che guido. Riesco a capire cosa vuole o non vuole, io cerco di fare cose sempre nuove. Provo a spingere in un certo modo, sapendo che ci vuole tempo e pazienza. Sono uno che pretende, ma non oggi per domani. Non si può pretendere tutto e subito, bisogna lavorarci”.

Partecipare al Palio di Siena è un privilegio?

“Mi piace correre in quella piazza, senti di rappresentare un intero popolo. Procura emozioni fortissime. Per me è un orgoglio, sei portato a dare il meglio per i colori che rappresenti”.

Quale dote speciale bisogna avere per disputare il Palio?

“La cattiveria giusta, innanzitutto, e al contempo la calma per ragionare su cosa fare e come devi farlo. Serve tanto coraggio. Non è facile in una piazza gremitissima, bisogna capire chi e cosa ti circonda”.

Il suo Remorex ha vinto due volte da cavallo scosso, cioè arrivato senza fantino: è una stella?

“È entrato nella storia, nessuno ci è riuscito in quel modo. Nella testa di Remorex rimasto senza fantino è scattato il lavoro che facciamo negli anni, lui ha imparato benissimo. Al cavallo va insegnato come sorpassare perché è un animale che segue il branco”.

È vero che girano un sacco di soldi?

“In questa festa investono tanto affinché tutto riesca il meglio, vogliono che sia tutto bello e vogliono vincere. Chi va alla festa è per divertirsi e non per criticare. Vale anche per i Ceri”.

A proposito, come vive la Festa dei Ceri?

“Sono devoto di Sant’Ubaldo. Non li ho mai portati, anche per i tanti impegni, ma li ammiro e sono appassionato nel vederli. Vado spesso in basilica sul monte Ingino”.

L’appellativo Veleno II chi gliel’ha messo?

“Il capitano del Nicchio la prima volta che ho corso, nel 1996, per le mie caratteristiche. Mi sono sempre fatto rispettare, direi che è un segno distintivo del carattere”.

Lei viene spesso ingaggiato per contrastare gli avversari di una Contrada: riuscirci è come vincere?

“Anche di più. Vuol dire che ho onorato la missione che mi è stata affidata. Quando corri per difenderti dagli altri colori rischi di farti male e pure a livello disciplinare”.

C’è una sfida che le manca?

“Fin da piccolo sto con i cavalli, non mi manca nulla. Li amo, ho una grande passione. Non ho rimpianti, guardo sempre avanti per migliorarmi. Sono così nella vita di tutti i giorni. Voglio bene a me stesso e agli altri”.