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Piazza Quaranta Martiri, la devastazione dei giardini e la desertificazione accendono proteste e polemiche

La protesta clamorosa con i cartelli nei giardini grandi di piazza Quaranta Martiri

Torna all’attacco la sezione eugubina di Salviamo il Paesaggio che lotta per la cura e salvaguardia dei giardini grandi e piccoli che i lavori di riqualificazione stanno deturpando e smantellando tra polemiche e proteste, oltre alla desertificazione di un’area cruciale della città. La Giunta Fiorucci si muove perfettamente allineata a chi l’ha preceduta.

“Non è certo un caso che, nella quasi indifferenza generale, ci si trovi, noi eugubini, davanti a un doppio fenomeno di estinzione – è scritto in una nota diffusa ieri, lunedì 6 gennaio – che riguarda la nostra piazza dei Quaranta Martiri: questa fine d’anno infatti, ha decretato in un colpo solo la distruzione dei giardini storici ottocenteschi di Gubbio e la chiusura dell’ultimo banco di frutta e verdura sotto le Logge, dopo secoli di esistenza. L’antica piazza del mercato ospitava infatti da sempre decine di banchi, che venivano riforniti dei prodotti freschi della terra dai carri dei contadini trainati dai cavalli. Era tutto un fermento di vita, la nostra piazza, che, nei giorni del mercato del bestiame si arricchiva dei muggiti e dei belati del bestiame posto in vendita, e dello starnazzare di oche e galline. Impossibile, certo, far tornare il passato, ma cercare di farlo convivere con il presente, soprattutto se la città amministrata può vantare una lunga e gloriosa storia, è opera che si conviene agli amministratori degni di questo nome. Come quella di difendere il commercio e la manodopera locale, prima di tutto, premiando le eccellenze locali ed evitando la loro emigrazione verso luoghi dove il lavoro dell’artigiano sia più compreso e valutato. Nemmeno una di queste accortezze è stata rispettata dalle amministrazioni eugubine, che hanno preferito premiare la grossa distribuzione, i centri commerciali e le ditte fuori città. Sarebbe bastato poco, incrementare e favorire per esempio i piccoli produttori locali di verdure biologiche, permettendo loro di avere stabile commercio sotto le Logge dei Tiratori, il sostenere con iniziative di vario tipo il piccolo commercio locale, oggi massacrato dai supermercati. In ciò che si sta realizzando appare evidente, anche per le caratteristiche dell’intervento, che ha prevalso, come fosse un’ossessione, l’ideologia della spesa; cambiare e sostituire il più possibile per spendere il più possibile. Questo è  all’origine di un intervento, quello di piazza Quaranta Martiri, che ha tutti i connotati, anche per l’aggressione al contesto e per i materiali impiegati, d’essere il paradigma dell’elogio della pesantezza contro quello della leggerezza di cui parla Calvino, una condizione che cerca e si nutre di sensibilità, rispetto, coscienza e tutela della storia, condizioni fondamentali per guidare nuovi processi di relazione sociale e di ricerca di bellezza. Un altro passo verso l’immiserimento del centro storico, e verso la cacciata definitiva e forzata degli abitanti, ormai impoveriti di qualsiasi tessuto socio-economico, e costretti a uscire dalla città per avere i servizi minimi indispensabili. Solo San Martino si è finora salvato, il resto della Gubbio dentro le mura è solo deserto. Il banco sotto le logge del figlio del Falco era l’ultimo rimasto… Perché si è lasciato che Sauro Fiorucci restasse senza lavoro, dopo l’ultimo oltraggio di una dequalificazione del suo ambiente di lavoro? Trasformare la piazza che è stata del mercato in una vetrina di falso lusso e cosiddetta modernità ci impoverisce tutti. Tutta la comunità, e in primissima istanza il Comune di Gubbio, dovrebbero prendersi cura del figlio del Falco, che non è stato mai aiutato né sostenuto da chi avrebbe dovuto invece valorizzarne il lavoro e la sua bellezza, testimonianza preziosa di una Gubbio che da oggi non c’è più. Si è privilegiato il turismo a ogni costo, a scapito della vita degli abitanti, del rapporto tra città e cittadini, riducendo una città medievale bellissima a una baracconata buona per un turismo mordi e fuggi che si accontenta di trenini e monumentali ruote panoramiche appiccicate alla monumentale chiesa di San Francesco. È in atto la trasformazione di tutte le città storiche in enormi B&B, contornati da locali in cui si mangia e si beve, si ascolta musica ad altissimo volume e si vomita per le strade, troppo ingozzati di tutto, come le oche. Per finire, come ciliegina sulla torta, è stata messa una pietra tombale sulla affascinante ipotesi di un parco archeologico eugubino inserito nella piazza, un progetto che ormai può fregiarsi del termine “fu”. Si è preferito stendere un sepolcro sopra i possibili scavi archeologici, e continuare a fare di gran parte della piazza un mortificante parcheggio, seppellendo le nostre radici e cancellandole con un colpo di spugna. L’eventualità di riportare alla luce la scena archeologica avrebbe incrementato enormemente il valore e la qualità dell’area introducendo un’opera di elevata caratterizzazione urbana al posto di una fredda distesa di pietra grigia che ha già segnato il suo destino: sgretolarsi come e peggio di quella in via Dante. Ma, sorpresa, le ciliegine sulle nostre amarissime torte sono più di una: alcuni di noi, fotografando i lavori in corso al giardino grande, vengono in contatto con gli operai che stringono con il famigerato corten i poveri alberi secolari dei giardini. Potete fotografarci, ma non mentre tagliamo, avvertono i dipendenti della ditta a cui sono stati commissionati i lavori della cosiddetta riqualificazione della piazza dei Quaranta Martiri. Tagliare? Ci chiediamo… ma non aveva assicurato la signora Tasso che non ci sarebbero stati tagli agli alberi dei giardini? La risposta ce la dà il corten: per posizionarlo occorre tagliare le radici dei nostri bellissimi alberi, ed è questo che viene fatto puntualmente dagli operai. Che possono fare, i disgraziati abitanti della piazza se non segnalare che il taglio di radici degli alberi monumentali mutila gli alberi indebolendoli pericolosamente? L’ episodio della donna morta a Roma pochi giorni fa a causa del crollo di un albero causato dal taglio di radici fatto 10 anni prima per la costruzione di una strada dovrebbe almeno far riflettere”.