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Processo Trust: Goracci si è sempre professato innocente ma non ha voluto andare fino in fondo

Orfeo Goracci

Il processo Trust ha visto l’uscita di scena dell’imputato principale, l’ex sindaco Orfeo Goracci che venne arrestato il 14 febbraio 2012 insieme ad altri tra politici, ex amministratori comunali, dipendenti ed ex dipendenti comunali, con le accuse in ordine sparso e a vario titolo di associazione per delinquere, concussione, tentata concussione, minacce, abuso d’ufficio e falso materiale. La pubblica accusa ha sostenuto, con documenti, intercettazioni e testimonianze, che l’ex sindaco abbia messo in piedi un sistema di potere per trarre vantaggi e dare vantaggi a persone gradite danneggiando quelle non gradite. Gli arresti scattarono soprattutto per l’accusa di inquinamento delle prove avendo fatto sparire documenti.

Goracci si è sempre professato innocente, respingendo ogni addebito, e sui propri social negli anni ha sempre sfidato il sistema giudiziario, i testimoni, chi ha raccontato le vicende a differenza di altri che hanno fatto finta di nulla e l’opinione pubblica. Oggi (martedì 17 dicembre) Goracci ha dedicato due righe su Facebook alla sua vicenda giudiziaria: “Ieri a Perugia per la conclusione della mia assurda, brutta, dolorosa vicenda giudiziaria con la quale ho convissuto da oltre 13 anni”. Non una parola sulla prescrizione, alla quale l’ex sindaco non ha voluto rinunciare a differenza degli altri imputati, e la depenalizzazione del reato di abuso d’ufficio.

In queste ore, dopo la sentenza del presidente del tribunale di Perugia, Mariella Roberti, rimbalzano commenti e riflessioni in più direzioni. Goracci è uscito dal processo per la prescrizione intervenuta sui reati più gravi che gli sono stati per anni contestati, mentre per l’abuso d’ufficio si è avvalso delle nuove leggi che la politica ha varato depenalizzando il reato con effetto retroattivo. Chi è accusato di un reato dovrebbe essere assolto o condannato nel merito e non perché una legge della politica interviene a salvarlo (ovviamente non vale soltanto per Goracci), specialmente se trattasi di politici che si fanno le norme a proprio uso e consumo. L’abuso d’ufficio è stato sostanzialmente depenalizzato nel luglio 2020 dal primo governo del Movimento 5 Stelle con Giuseppe Conte che, alleato della Lega, voleva cambiare tutto e ha invece ha fatto il solito gioco della vecchia politica. Il colpo di grazia al reato lo ha poi dato il governo Meloni con la recente riforma del ministro Nordio. La depenalizzazione del governo gialloverde, con i leghisti a spingere, ha di fatto salvato Goracci e gli altri imputati sull’abuso d’ufficio.

La prescrizione invece ha tolto d’impaccio Goracci che tutti si aspettavano volesse andare fino in fondo per dimostrare la propria innocenza e ha invece lasciato che a farlo siano gli altri imputati, l’ex vicesindaco poi sindaco traghettatore Maria Cristina Ercoli, gli ex assessori Lucio Panfili e Graziano Cappannelli, i dipendenti comunali Lucia Cecili e Nadia Ercoli, e l’ex segretario generale Paolo Cristiano che alla prescrizione hanno rinunciato per cercare l’assoluzione nel merito dei reati contestati.

La politica in questa storia giudiziaria non c’entra nulla, è fin troppo evidente. Può essere un buon alibi, ma basta leggere tutte le carte dell’inchiesta e studiare a fondo le intercettazioni per comprendere come tutto ruoti attorno al potere per il potere, un chiaro sistema in base al quale si è con qualcuno o contro qualcuno, in cui – anche per altri intrecci – si favoriscono soggetti a danno di altri, secondo quanto sostenuto dall’accusa in tutti questi anni. Goracci avrebbe dovuto essere coerente (questo sì anche politicamente) è andare fino in fondo. Il processo per lui si è chiuso (non per gli altri che però hanno ruoli di contorno rispetto al “dominus” e semmai potrebbero essere tacciati di seguaci politici fulminati sulla via del comunismo sui generis) ma per la prescrizione e la salvifica depenalizzazione. Non c’è assoluzione nel merito, come sia chiaro non c’è condanna: ma se è convinto di non aver commesso alcun reato, perché non andare fino in fondo?

Non è dato sapere se Goracci parlerà: potrebbe farlo con gli organi di stampa diventati amici dopo averli considerati nemici tanto da attaccarli anche pesantemente. Sui social negli ultimi tempi si è occupato dell’anarchico Pinelli, del cantante Gianni Morandi, le passeggiate salutari, la strage di piazza Fontana, i diritti umani e varia umanità. Sul profilo Facebook rivendica spesso l’appartenenza e militanza comunista: per questo in molti fanno notare come i comunisti abbiano sempre sottolineato che “la prescrizione non è assoluzione”, pensando puntualmente per esempio a Silvio Berlusconi.

Chissà cosa penseranno in queste ore quelli che Goracci chiama sui social i “compagni di sventura”, riferito agli altri coinvolti nell’inchiesta Trust, che già il 25 ottobre 2022, con Goracci assente alla seduta in tribunale (caso più unico che raro) fece dichiarare al proprio legale di fiducia, l’avvocato Franco Libori, in risposta a una sollecitazione del presidente del tribunale Roberti, che il suo assistito non avrebbe rinunciato alla prescrizione. A quella dichiarazione non è mai seguito il pronunciamento in aula dello stesso Goracci che fino a ieri (lunedì 16 dicembre) avrebbe potuto rinunciare alla prescrizione, come hanno fatto gli altri 6 imputati, ai quali sicuramente va riconosciuta la coerenza e l’onestà intellettuale.

In tutta questa storia restano loro che hanno deciso di farsi processare fino a sentenza definitiva e l’ex assessore Marino Cernicchi che con il patteggiamento a 16 mesi di reclusione (pena sospesa) ha comunque dato una risposta concreta e inequivocabile all’inchiesta Trust.

VivoGubbio chiede pubblicamente a Orfeo Goracci un’intervista per ricostruire questi 12 anni tra carcere, domiciliari e processo. Un’intervista audio-video su VivoGubbioTv senza limitazioni e nel rispetto delle parti, in presenza anche degli avvocati se l’ex sindaco ritiene. Non il dibattito in piazza evocato tante volte da Goracci, se non altro perché quello più famoso della storia portò alla condanna di Gesù e non di Barabba.