di Luigi Girlanda
La saggezza millenaria della Chiesa ha voluto da sempre che la memoria del primo martire della storia cristiana, santo Stefano, venisse celebrata immediatamente dopo la solennità del Natale. Quasi a voler prevenire, con amore di madre, qualunque possibile fraintendimento sul significato autentico della fede in quel bambino che, da appena qualche ora, chiunque conservi l’usanza di fare il presepio ha deposto nella mangiatoia, replicando simbolicamente il gesto che duemila anni fa fecero Giuseppe e Maria nella grotta di Betlemme.
Quale equivoco si è voluto evitare collocando la memoria di santo Stefano a ridosso del Natale? Quello di credere che la fede in Gesù Cristo non comporti alcun prezzo da pagare, sia anzi una sorta di invidiabile status sociale per buonisti benpensanti e rappresenti quasi un orpello da indossare per sentirsi a posto con la coscienza tra un’occupazione e l’altra della vita. La vicenda storica di santo Stefano, narrata nel libro degli Atti degli Apostoli, ci fa comprendere che credere in quel bambino nato poche ora fa comporta l’odio del mondo, l’incomprensione delle persone a noi più care, il tradimento di familiari e amici e, soprattutto, il martirio.
Il primo martire della storia cristiana ci viene a testimoniare che Gesù non scherzava affatto quando, praticamente a ogni pagina del vangelo, ci metteva in guardia verso l’odio del mondo e ci preannunciava non la pace, ma la guerra che sempre si sarebbe scatenata contro chi vuole seguire il suo insegnamento. I cattolici odierni faticano a credere a tutto questo, anche perché dall’insegnamento della neo chiesa è stato praticamente bandito tutto quello che, anche solo lontanamente, possa farci ricordare queste scomode verità.
Ormai anche nella nostra Gubbio basta scambiare due parole con qualche fedele da messa quotidiana per sentirsi ripetere, salvo tutte le lodevoli eccezioni, le solite banalità, senza alcun fondamento dottrinale, sull’andare d’accordo con tutti, sul non creare dissidi e divisioni, sul dover attirare le persone senza distaccarsi dal mondo e via discorrendo, quasi Gesù avesse comandato di essere non il sale, ma il miele della terra.
Tutto questo contrasta in modo radicale con quanto Gesù ha costantemente ripetuto e la storia cristiana puntualmente dimostrato. Anche se oggi vengono ignorate o censurate, ci sono parole di Gesù inequivocabili al riguardo. Rileggiamo alcune delle più significative. Vangelo di Matteo: “Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (10, 21-22). E qualche versetto dopo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (10, 34-36). Vangelo di Giovanni: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (15, 18-19).
Il mondo odia i cristiani da sempre e non perché non siano coerenti con la loro fede, come erroneamente spesso siamo portati a credere, ma al contrario proprio perché annunciano una verità che non può che suscitare avversione, rancore e violenta ostilità. C’è un contrasto insanabile tra il mondo (il cui principe, parola di Gesù, è lo stesso Satana) e il cristianesimo vero (cioè il cattolicesimo). Il mondo tollera per ora – in attesa di spazzarla via quando non servirà più allo scopo – una neo chiesa mondanizzata, protestantizzata, portatrice non di verità ma di banalissimi valori orizzontali. Odia, invece, la Chiesa Cattolica di sempre che annuncia la dottrina vera senza preoccuparsi se sia gradita o meno ai padroni del mondo e che ricorda a tutti che non si va in paradiso seguendo le proprie idee, ma solo convertendosi alla Verità rivelata.
Non è un caso che la piccola parte di Chiesa rimasta fedele alla dottrina di sempre oggi sia costretta al nascondimento. La neo chiesa mondanizzata – quella che preferisce gli applausi dei salotti televisivi e che va a braccetto con nemici storici di Dio alla Eugenio Scalfari o Luca Casarini – a parole proclama la misericordia per tutti, ma poi riserva condanne e scomuniche solo ai pochi che vogliono continuare a seguire la vera Chiesa di Cristo. Ci tocca assistere a vescovi con diocesi deserte di fedeli e sacerdoti nel più totale sbando morale che si preoccupano solo di mettere in guardia da quei ministri rimasti cattolici e che, pagando prezzi altissimi, continuano ad annunciare la dottrina di sempre e a donare i sacramenti autentici ai loro fedeli. Anche questa è una forma di martirio. Accompagnata spesso da calunnie e vere e proprie macchine del fango.
“Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”. Forse oggi più che mai, ricordando santo Stefano, i veri cattolici devono fare tesoro di queste parole. Magari pensando che vengono da quel Figlio di Dio che su questa terra non ha trovato gli applausi della casta sacerdotale, in primis di Caifa, ma la calunnia, la persecuzione e la croce. In questi tempi di dissoluzione della vera Chiesa i fedeli autentici possono trovare conforto nelle parole delle beatitudini. Parole che hanno dato coraggio a tutti i martiri, a cominciare da santo Stefano. Dice infatti Gesù: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. (Mt. 5, 11-12).
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