Dieci anni fa nasceva Sartoria Eugubina, punto di riferimento riconosciuto dell’imprenditoria manifatturiera. Rudy Severini è stato l’ideatore e il motore di quest’avventura partita con 30 donne, che con il contributo del sindacalista Euro Angeli hanno portato avanti un progetto apparentemente impossibile.
Severini, come sono stati gli inizi dell’operazione?
“Ricordo che un commercialista eugubino, al quale chiesi un parere tecnico sul business plan appena redatto, mi disse, anche in maniera indelicata, che non c’ erano contenuti sufficienti e prospettive di riuscita nel progetto, sottolineando la mancanza di investimenti adeguati provenienti da parte di qualche ricco imprenditore. Dimenticava che l’azienda che stava nascendo aveva un suo capitale ancora più consistente, quello umano, che si fondava sulle competenze e sulla conoscenza del saper fare delle maestranze unite alla voglia di riscatto”.
Com’è proseguita?
“Chi decise di definirne il percorso e la gestione produttiva, organizzativa e commerciale questo lo sapeva bene, tanto che se ne assunse totalmente il rischio dando sue garanzie personali. Impossibile dimenticare la banca eugubina che inizialmente fece di tutto per supportarci e che successivamente, quando era già stato inviato un ordine di 400mila euro di macchinari, ci disse inspiegabilmente che non eravamo più finanziabili, causando probabilmente il fallimento del progetto, che a quel punto sembrava inevitabile”.
C’è stata la svolta?
“Solo grazie a un altro istituto di credito primario, con l’intervento provvidenziale e decisivo del direttore d’area di Foligno, Riccardo Scarpelli, tutto è partito perché ci ha preso in extremis per mano salvando così il progetto. Si confermarono quegli ordini già inoltrati e si proseguì con gli altri già ben definiti. Si trattava di una filiale di Gualdo Tadino. I misteri dell’economia eugubina che ancora una volta si dimostrava benevola solo se appoggiati e magari finanziati da alcuni soliti noti. A conferma del disappunto di allora verso il sistema locale, ricordo che nessuna banca eugubina concesse il prestito di 3.000 euro ad alcune lavoratrici per consentire loro di versare la propria quota del capitale sociale, seppure con la garanzia di un contratto a tempo indeterminato. E queste non erano in grado di partecipare sebbene fossero tra le promotrici”.
Cosa ha dimostrato tutto questo?
“Storie apparentemente banali ma significative di un contesto economico locale che di imprenditoria innovativa non ne voleva nemmeno sentir parlare. Un supporto delle istituzioni regionali si rivelò comunque fondamentale per poter accedere a finanziamenti europei necessari per iniziare l’attività produttiva. Gepafin seguì da vicino la nascita e il successivo sviluppo come socio. Sviluppumbria consentì l’accesso al credito comunitario. Si è partiti con 30 persone impiegate nella produzione, diventate 85 quando si è deciso di cederla al miglior acquirente che s’è dimostrato fortemente interessato ad averci, alle condizioni che abbiamo dettato noi”.
Ci sono stati altri momenti complicati?
“Un altro momento complicato risale al 2020 quando, mentre si stava consolidando una crescita sana e costante, è arrivato il Covid. Non ci siamo persi d’ animo iniziando subito a produrre mascherine. Inizialmente erano quelle semplici, poi diventarono fashion con parti in pelle e filtri intercambiabili. La crisi generata dal Covid aveva creato una pesante situazione finanziaria che abbiamo superato pianificando attentamente i fabbisogni per la ripresa e sfruttando al meglio i sostegni che sempre quella banca amica ci ha messo a disposizione. Da lì a breve sono seguite altre problematiche significative, con violente diatribe interne tra chi voleva cedere sotto valore a un grande gruppo e chi invece voleva andare avanti in attesa della ripresa piena che avrebbe consentito di porsi sul mercato a valori diversi. Le diatribe tra chi voleva una gestione troppo prudenziale e chi invece voleva continuare a investire per migliorare la nostra immagine è stata vinta grazie alle maestranze che mi hanno appoggiato”.
Quale strada avete preso?
“Grazie a questa mentalità si iniziarono ad avvicinare le grandi maison che, unitamente al disgregarsi della componente interna dissidente, con l’uscita dapprima di un socio e con il ridimensionamento di un secondo, determinarono il salto di qualità. A rafforzare il consiglio d’amministrazione è entrata un’esperta consulente, la dottoressa Marta Morbidelli, che ha potenziato la filosofia risultata dominante potendo così iniziare a collaborare con Gucci, Ferragamo, Burberry, Ralph Loren. Ma il bello doveva ancora venire. Il passaggio chiave è stato quello che ha visto iniziare timidamente la collaborazione con l’azienda Brunello Cucinelli, seguita poi da una costante crescita sia del fatturato che della fiducia nei nostri confronti.
Il rapporto con Cucinelli e Solomeo?
“Indimenticabili gli incontri alle cene organizzate a Solomeo, con i richiami del patron alla nostra azienda che a suo parere era bella e ordinata ma non aveva le finestre. E ogni volta, a fine incontro, lo stesso Brunello mi chiedeva simpaticamente: Ma quando fai grandi finestre da cui le operaie possano vedere il sole? Anche senza finestre, Cucinelli personalmente mi chiese dopo anni di fattiva collaborazione di voler acquistare Sartoria Eugubina. Il sogno diventava realtà. Il progetto era compiuto: crescere, consolidarsi, realizzare produzioni di eccellenza, farsi conoscere dai grandi gruppi e poter noi scegliere il migliore. Un anno fa il perfezionamento dell’operazione”.
Così è cambiato tutto?
“Oggi non si chiama più Sartoria Eugubina, ma Pinturicchio porterà sempre con sé il dna di un’azienda che era nata piccola e sconosciuta per diventare grande e famosa. Grazie a tutte le socie che oggi, grazie al loro impegno e alla fiducia che mi hanno riservato, possono andare avanti tra certezze e benessere. Posso dire che grazie solo a loro e al sottoscritto la Brunello Cucinelli si è insediata sul territorio eugubino con un polo produttivo di eccellenza, visto anche l’arrivo sulla scia di Cucinelli di un’altra maison di altissima importanza mondiale”.
La riconoscenza è una virtù che pochi hanno e che fanno delle persone,dei veri signori.
Cucinarli mi sembra che abbia già abbastanza senza tutto questo merito e con i prezzi più cari di Armani! poteva benissimo rimanerne fuori !Almeno per quanto riguarda il nome ! Di santi in Umbria c’è ne sono già abbastanza, ed oltretutto non credo parlaresso un dialetto cosi’ marcato !