Riccardo Ambrogi, classe 1995, si esibisce con il Norwegian National Ballet dal 2015. Nella sua carriera ha ballato in ruoli come Lescaut in Manon di MacMillan, Tchaikowsky Pas De Deux di George Balanchine e il re dei Gitani in Don Chisciotte di Nureyev. Si è formato con Umbria Ballet, il Teatro dell’Opera di Roma e l’Accademia Princesse Grace di Monte Carlo. Nel 2008 vincitore dello Youth America Grand Prix Europe, oltre ai titoli conquistati come la medaglia d’oro e una menzione speciale al Concorso Internazionale Balletto di Toscana e alla Settimana internazionale della danza di Spoleto nel 2009, ricordando nel 2012 il primo posto al concorso internazionale Danza Città di Rieti.
Ballerini si nasce?
“La danza classica è un connubio tra le qualità genetiche che fungono da base grezza, come l’argilla in sé, e il processo artistico che ne definisce la forma. È come un delicato equilibrio tra le qualità innate e quelle acquisite. Proprio come la natura ci fornisce l’argilla, offrendo qualità fisiche genetiche vedi la flessibilità e la struttura ossea, il ballerino si trasforma attraverso il lavoro instancabile. È come se la predisposizione genetica fosse il punto di partenza, mentre la pratica costante e l’impegno modellano queste qualità, trasformando l’argilla cruda in un’espressione di grazia e forza sulla scena. Ballerini si nasce in parte ed è con il costante lavoro e la dedizione che si scolpisce la vera arte della danza”.
Come è cresciuta la passione?
“La mia passione ha radici giocose e autentiche. A 9 anni, mia madre notò che, diversamente dagli altri bambini, alle feste di paese la mia attrazione non era per il calcio ma per la musica. Mi trovavo sempre dove risuonava la melodia, ballando o giocando solo se c’era musica. Questo germoglio di passione ha preso piede quando ho sperimentato il palco per la prima volta, un momento in cui mi sono innamorato irrimediabilmente della danza. La sfida tecnica ha alimentato tutto, trasformando il palco in un campo di gioco sempre più intricato e difficile. Il palco diventa un luogo sacro, il cui obiettivo è esibirsi in performance sempre più audaci. Questo ciclo di crescita continua a renderlo avvincente, specie quando il pubblico risponde con applausi, un’apoteosi che conferma la mia capacità e artisticità in modo immediato e gratificante”.
Ha avuto un sostegno totale dalla sua famiglia?
“Sostegno totale, in particolare da mia madre, mia sorella e mia nonna. Il loro contributo è stato cruciale sia a livello economico che emotivo. Sono stati disposti a fare sacrifici, privandosi di molte cose per consentirmi di perseguire gli studi. Hanno sostenuto finanziariamente il mio percorso, consentendomi di affrontare spese come l’affitto in altre città quando ancora non potevo permettermelo da solo. Inoltre, il loro supporto mentale è stato inestimabile. Quando mi trovavo lontano da casa, affrontando momenti tristi o situazioni difficili, la loro presenza e forza emotiva sono state un faro. Hanno sempre offerto conforto, incoraggiamento e supporto, diventando una costante fonte di motivazione. Devo tutto a loro. La mia crescita personale e professionale è stata possibile grazie alla generosità, dedizione e amore”.
Quando la passione è diventata una professione?
“È successo in modo graduale, con momenti chiave che hanno segnato questa trasformazione. Nel 2010, durante il mio periodo di studio presso la scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma, ho avuto l’opportunità di interpretare piccoli ruoli sul palco. Questa esperienza è stata significativa perché per la prima volta sono stato pagato per esibirmi, aprendo la porta a una comprensione più profonda dell’importanza del mio lavoro. Il passo ufficiale verso la carriera è avvenuto nel 2015. Dopo aver completato gli studi presso l’Académie Princesse Grace di Monte Carlo nel 2014, ho affrontato una svolta. Ho avuto l’opportunità di sostenere una prova presso il Norwegian National Ballet di Oslo e sorprendentemente sono stato subito assunto nella compagnia principale, evitando il percorso tradizionale nella junior company. Tutto parte da qui”.
Perchè la Norvegia?
“La scelta della Norvegia come luogo per proseguire la carriera è stata inizialmente casuale e si è rivelata straordinaria. Ho avuto l’opportunità di trovarmi in questo Paese e ho scoperto un luogo meraviglioso e ideale per lo sviluppo delle esperienze. La Norvegia è conosciuta per la bellezza naturale, la qualità della vita e un forte sostegno alle arti e alla cultura. In particolare, l’Oslo Opera House è considerata come uno dei migliori teatri del mondo. La struttura, l’impegno per l’eccellenza e l’atmosfera creativa che lo circonda, hanno reso il teatro un luogo eccellente per continuare a coltivare la passione per la danza”.
Cosa pensano degli Italiani lassù?
“Siamo un popolo altamente stimato per competenza e impegno in qualsiasi settore, dal lavoro manuale al mondo accademico. La reputazione positiva si basa sulla dedizione e la passione. La nostra cultura, con la ricca storia, contribuisce a una visione positiva degli italiani come creativi e appassionati, per questo apprezzati a livello internazionale”.
Che percorso ha affrontato?
“Certamente tortuoso, plasmato dalla disciplina e arricchito da un mix di esperienze intense, belle, brutte, dolorose e amorevoli. Ogni tappa ha contribuito a formare la mia crescita personale e professionale, creando un viaggio unico e prezioso”.
Le emozioni più forti in questi otto anni?
“Sono state molteplici, ma spiccano alcune esperienze. Tra queste, le esibizioni per le famiglie reali di Norvegia e Olanda, insieme al primo ministro norvegese, hanno rappresentato momenti di grande prestigio e onore. Un altro momento indimenticabile è stato l’incontro con il nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la visita ufficiale in Norvegia nel maggio 2023. Questo incontro ha aggiunto importanza e riconoscimento al mio percorso. Aggiungo il boato del pubblico dopo l’esibizione del Giullare in Cenerentola di Ben Stevenson con un’emozione travolgente: essere applaudito e riconosciuto dopo una performance così impegnativa, è stato gratificante essendo stato il primo ruolo da solista dopo il recupero da una lesione al crociato. Ancora oggi, ricordo il rimbombo del pubblico, l’eco potente che ha segnato un traguardo importante nel percorso artistico e nella resilienza personale”.
Ha idoli e riferimenti?
“Il primo idolo è mia madre, Virginia Borio. È stata la fonte di ispirazione, insegnandomi il valore del duro lavoro e del sacrificio. Mi ha insegnato come affrontare i momenti più difficili con un sorriso mantenendo una prospettiva positiva. La lezione di non prendersi troppo seriamente e di godersi ogni istante è stata preziosa e ha plasmato il mio approccio alla vita e al lavoro”.
Il sogno nel cassetto?
“Vedere di nuovo fiorire i corpi di ballo, specie in Italia dove negli ultimi anni molti sono stati chiusi. Desidero che ciò dia l’opportunità a chi si è formato in Italia di poter lavorare nella propria terra, evitando la necessità di andare all’estero. Vorrei anche che la danza fosse considerata una disciplina seria, in modo che i giovani ballerini non debbano affrontare derisioni ma possano essere riconosciuti e apprezzati per dedizione e talento”.
Tornerà in Italia?
“Sì, soprattutto se ciò significherà continuare il percorso magari anche come insegnante. Quando è ancora da definire e dipenderà dalle opportunità e circostanze che si presenteranno”.
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