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Il vero Sant’Ubaldo

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di LUIGI GIRLANDA

Uno dei segnali più inquietanti della crisi che attraversa il mondo cattolico è quello di assistere a continue “riletture accomodanti” delle grandi figure dei santi del passato. Accade, per esempio, con San Francesco, ridotto ormai a precursore dell’ideologia animalista e ambientalista o, peggio, a paladino del sincretismo religioso. In realtà, il san Francesco vero e non quello del mito, quando nel settembre del 1219, incontrò il sultano Malek al-Kamel cercò di convertirlo alla fede cristiana rischiando per questo la vita. E non solo! Difese anche i crociati dicendo che essi “fanno bene a combattervi perché voi bestemmiate il nome di Cristo”.

In effetti, quello che ha sempre caratterizzato le vite dei santi è proprio ciò che oggi la neochiesa rimuove con imbarazzo: l’annuncio della verità senza alcun compromesso e l’invito alla conversione all’unico vero Dio, la Trinità, e all’unica vera Chiesa, quella cattolica, fuori della quale non c’è salvezza. Si può non credere più a questi basilari fondamenti della fede cattolica (e di fatto, oggi, la neochiesa li rigetta come retaggio di un passato integralista da cancellare), ma non si può certo ignorare che per duemila anni tutti i santi hanno sempre professato queste verità.

Non è un caso che le uniche parole di sant’Ubaldo che ci sono pervenute, insistono proprio sul tema della conversione a Dio. In un momento drammatico per la città di Gubbio, assediata da undici città nemiche, il vescovo Baldassini non mancò di ricordare ai suoi figli quello che ogni pastore degno di questo nome dovrebbe sempre ricordare: le calamità, le guerre, le epidemie sono mali che Dio permette per castigare i peccati degli uomini.

Monsignor Pio Cenci, autore della miglior vita di Sant’Ubaldo che sia mai stata scritta, ci riporta le testuali parole del Santo: “Cittadini miei dilettissimi siate forti di animo perché questa moltitudine de’ vostri nemici non deve essere temuta, perché se il Signore ci vuole liberare nulla potranno contro di noi, se il Signore ci ha deliberato di distruggere potrà ancora far questo senza tanta moltitudine de’ nostri nemici. Perché il Signore Iddio ha in odio i peccati degli uomini, non gli uomini e punisce i vizii e non la natura. E perché il Signore muta la sentenza ogni qual volta vede che noi abbandoniamo i peccati, io vi prometto vittoria se obbedirete alle mie parole”.

Monsignor Cenci ricorda quindi che, con quelle parole, sant’Ubaldo “fece conoscere che la salvezza poteva essere solo opera del Cielo: che per propiziarsi il Signore occorreva pentirsi dei peccati, ché Dio non odia gli uomini, ma li punisce per le colpe che commettono; li invitò quindi alla preghiera ed alla penitenza che se Dio voleva, il più piccolo esercito poteva sgominare il più potente. Le più tenere lacrime accolsero quelle ispirate parole: tutti si intesero commossi e pentiti dei propri falli, in quell’umiltà e sincerità di cuore che sa dare solo le sventura, decisero seguire il consiglio di Ubaldo. Nel giorno consecutivo tutti vollero confessarsi, indi nutrirsi del Pane Eucaristico. Furon tenute per volere di Ubaldo processioni di penitenza, cui prese parte tutto il popolo, con quelle fede inconcussa che sapeva suscitare la parola di un santo, certi che Iddio avrebbe piegato gli eventi a loro favore, ed occorrendo anche operato un prodigio!”.

Parole dure, ma che esprimono la giusta prospettiva cattolica con cui i santi leggono le vicende dolorose del mondo. Oggi risultano incomprensibili per chi è praticamente fuorviato dalla melassa di parole politicamente corrette con cui i pastori della neochiesa ci ammorbano ogni domenica. Eppure, parola di Sant’Ubaldo, la prima cosa che tutti dobbiamo fare per ottenere la protezione del Cielo è abbandonare i peccati. E il patrono ancora oggi sembra ripetere: “io vi prometto vittoria se obbedirete alle mie parole”.