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Ricorso sul Css, quando si spendono i soldi pubblici per fare campagna elettorale. Scoppia il caso Zaccagni e Biancarelli

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Palazzo Pretorio sede del Comune

Apre importanti considerazioni e possibili ripercussioni pratiche il ricorso al Tar dell’Umbria annunciato dal sindaco Filippo Mario Stirati per impugnare l’autorizzazione concessa a Barbetti e Colacem dalla Regione – sulla base del Decreto semplificazione del governo Draghi – per l’utilizzo del Css-Combustibile solido secondario nei cementifici di Semonte e Ghigiano.

Gli aspetti ideologici sulle tematiche ambientali (curioso: a Gubbio si discute di Css mentre il governo Draghi prospetta il ritorno al carbone che gli ambientalisti vedono come il fumo negli occhi) condizionano pesantemente perché alla fine è tutta una questione di politica e di caccia dei partiti e movimenti al consenso elettorale di comitati e associazioni ambientaliste.

Sul ricorso c’è un risvolto economico che è dirimente: il Comune di Gubbio spenderà circa 20mila euro nel manifesto timore di perderlo, e farà spendere soldi anche alla Regione – dunque altri soldi dei cittadini – per difendere un’autorizzazione che si fonda su normative nazionali ed europee.

Ci sono peraltro dei precedenti in altre regioni di ricorsi rigettati in materia. E allora ci si chiede: perché ricorrere sapendo che le possibilità di vincerlo sono pressoché vicine allo zero?

E’ del tutto evidente che gli interessi in ballo sono altri, ovvero il consenso politico-elettorale nella perenne diatriba a sinistra tra i Liberi e Democratici (LeD), versione lista civica di pezzi del vecchio Pci-Pds-Ds-Pd che per questioni personalistiche e di potere hanno spaccato il Pd mettendosi in proprio, e l’ala estremista di sinistra guidata da quello che viene definito in taluni ambienti il “goraccismo”, ovvero l’ombra e il peso elettorale (sebbene sceso paurosamente alle ultime elezioni del 2019) dell’ex sindaco verso il quale gli stessi LeD mantengono una sudditanza e il timore di travasare voti.

E allora il ricorso è il prezzo dell’infinita campagna elettorale tutta a sinistra, e a pagare il conto sono i cittadini. Il ricorso è tutto politico, ideologico e dai risvolti elettorali.

Per questo stavolta c’è chi pensa a un coinvolgimento della Corte dei Conti per verificare la spesa pubblica del Comune di Gubbio su tale fronte qualora il ricorso venisse rigettato, come da molti settori viene pronosticato.

Ci sono dei precedenti sull’uso di taluni strumenti istituzionali, come la famigerata ordinanza comunale che bloccò il traliccio della telefonia a Padule sulla spinta di comitati locali e ambientalisti, con il risultato scontatissimo che il ricorso della compagnia telefonica sarebbe stato accolto e al Comune toccò pagare le spese legali, sempre dal bilancio già messo continuamente a dura prova e quindi a spese dei cittadini.

Nel caso del Css, perché non lasciare ai comitati e alle associazioni ambientalisti l’onere di ricorrere a spese proprie attraverso la raccolta fondi che in queste ore hanno promosso proprio per intentare un ricorso? Che senso ha inoltrare due ricorsi, di cui uno a spese della collettività?

In questa storia tutta politica s’inserisce anche il caso dei consiglieri comunali Francesco Zaccagni (pure consigliere provinciale) e Riccardo Biancarelli. Sono entrambi dipendenti di Colacem (come Giovanni Manca passato all’opposizione nel tornare con il Pd) e favorevoli al Css, quindi contrari al ricorso al Tar come hanno esplicitato anche negli ultimi vertici di maggioranza.

La loro posizione è davvero singolare: nel 2019 hanno sottoscritto un programma politico-elettorale che diceva chiaramente no al Css, al di là di qualche aggiunta sofistica per tenere i piedi su più staffe come stile tipico della politica per provare a non scontentare nessuno.

Zaccagni oltretutto aveva fatto opposizione nel precedente mandato di Stirati anche sulle tematiche ambientali, per poi fare il salto entrando nella coalizione dello stesso Stirati. Ora che il sindaco con il vicesindaco Alessia Tasso, entrambi arieti dei LeD, tirano dritto contro il Css, i due esponenti di maggioranza interpretano il ruolo di consiglieri di governo e di lotta. Da più parti nella stessa maggioranza viene evocata la coerenza e linearità dei comportamenti.

Stirati ha detto, parlando di Zaccagni e Biancarelli, che la maggioranza “non è una caserma” e che lui non è un “despota”, ma questo nulla c’entra con la coerenza dei suoi due esponenti che all’esterno e all’interno di palazzo Pretorio sono schierati a favore del Css ma votano e accettano tutti gli atti che la Giunta e la coalizione adottano contro il Css. Che sistema è questo? Se è una questione di poltrone, potere o altro, soltanto loro due lo sanno. Di sicuro non lasciano trasparire alcuna intenzione di lasciare la maggioranza e men che meno di dimettersi. Chissà se puntano soprattutto sul fatto che larga parte dell’elettorato è inconsapevole.