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Fabrizio Castori e Massimo Boccucci a Salerno per la presentazione del libro sulla storia del tecnico marchigiano

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A Salerno la presentazione del libro scritto da Massimo Boccucci e Simone Paolo Ricci "Fabrizio Castori. La storia di mister promozioni" (Minerva edizioni) con lo stesso tecnico del Perugia insieme a Boccucci, Walter Sabatini e Donato Alfani organizzatore del Festival del calcio italiano

Si è conclusa mercoledì 28 dicembre l’undicesima edizione del Festival del Calcio italiano. Presso la Fondazione Carisal – Complesso San Michele a Salerno, gremita in occasione dell’evento, c’è stato prima il riconoscimento a Walter Sabatini, premiato come miglior direttore sportivo della stagione 2021-22, poi la presentazione del libro di Fabrizio Castori, “La storia di mister promozioni”.

Ad aprire l’evento Donato Alfani, giornalista e project manager del Festival del Calcio Italiano, seguito da Domenico Credendino, presidente della Fondazione Carisal, che ha salutato e ringraziato i tanti presenti e descritto le attività che si attuano e che vengono ospitate dal Complesso San Michele.

Donato Alfani ha ringraziato il presidente Domenico Credendino per l’ospitalità: “Noi siamo partiti da qui con la conferenza stampa e chiudiamo l’undicesima edizione del Festival del Calcio Italiano qui al Complesso San Michele. Consegno a Walter Sabatini, anche a nome di tutta la giuria, il premio come miglior direttore sportivo della stagione 2021/2022”.

Un emozionato Walter Sabatini, dopo la premiazione ha dichiarato: “Sono molto contento per questo premio, mi rigenera e vi ringrazio”.

Si entra quindi nel vivo della presentazione del libro di Fabrizio Castori “La storia di mister promozioni”. “Un successo incredibile”, ha detto Donato Alfani, abbracciando con affetto l’attuale mister del Perugia “ospitiamo un uomo vero, prima ancora che un ottimo allenatore. Se oggi la Salernitana si trova in serie A e ha accolto una proprietà così importante il merito è anche e soprattutto di un allenatore che, ribaltando ogni pronostico, ha vinto partite su partite sbaragliando la concorrenza di Lecce e Monza. Per di più in un periodo complesso come quello della pandemia. A lui eterna gratitudine e l’affetto della città di Salerno e della sua magica tifoseria”. 

La parola passa dunque all’autore del libro, Massimo Boccucci: “Salerno è una terra meravigliosa, siate orgogliosi di quello che avete. Con molto piacere trovo Walter Sabatini, che stimo da sempre. L0ho conosciuto nel 1995: aveva deciso di fare l’allenatore come il fratello Carlo, poi ha capito che forse era meglio fare la straordinaria carriera che ha fatto da direttore sportivo. L’impronta a Salerno è fin troppa chiara con la salvezza frutto soprattutto della sua mano oltre che quella di Davide Nicola. Questo premio è il risultato di uno straordinario lavoro, uno dei tanti capolavori fatti da Sabatini.

Ho scritto il libro insieme a Simone Paolo Ricci che nella vita è il genero di mister Castori, però quando ho proposto al mister di scrivere questo libro ho fatto un po’ di opera di convincimento e insieme a Simone abbiamo raccontato questa lunga storia d’amore con il calcio di un uomo che con il calcio non aveva molto a che fare. Nel senso che la passione c’era, però non ha mai giocato in Serie A, B o C, si è fatto da solo partendo dal basso. Avendo vinto nei dilettanti gli è stato poi semplice fare un percorso che l’ha portato fino a conquistarsi tutto sul campo.

Questa è una storia che insegna molto, che noi consigliamo anche e soprattutto alle giovani generazioni. Se uno nella vita crede in qualcosa, ci mette tutto se stesso e dà l’anima nella cose che fa, spesso e volentieri i sogni si avverano. Lo dice Castori, che nella vita faceva il ragioniere, poi ha avuto a che fare con il mondo delle calzature e ad un certo punto ha capito che la sua strada doveva essere quella legata al mondo del calcio. Tutto quello che gli è successo è un esempio di dedizione al lavoro e di impegno. In ogni piazza in cui ha lavorato, lui si è identificato con la gente, è molto legato ad ogni città in cui è stato. Abbiamo girato l’Italia per presentare questo libro e riscontriamo affetto, riconoscenza, stima e rispetto. Stiamo parlando di un personaggio che, dopo aver portato il Cesena dalla C alla B, decise di allenare per diletto un gruppo di ragazzi della comunità di San Patrignano vincendo il campionato di terza categoria”. Un video celebrativo ha ripercorso le fasi salienti della carriera di Castori. Dagli inizi a Tolentino passando per i successi con Cesena, Ascoli, Lanciano e

Salernitana. Senza dimenticare, ovviamente, la salvezza sul campo col Trapani. 

Visibilmente emozionato ed osannato ed acclamato dai tanti tifosi presenti, Fabrizio Castori ha quindi preso la parola: “Ho sempre coltivato la mia grande passione per il calcio, quando ero piccolino il mio compagno di giochi era il pallone e difficilmente riuscivamo a utilizzare quello di cuoio. Nel mio percorso professionale sono sempre stato abituato a prendere appunti, a fare analisi, a vedere le partite e studiarle approfonditamente per poi apportare le modifiche necessarie. E l’ho sempre fatto con naturalezza, coltivando appunto questo grande sogno che, da hobby, si è trasformato in un lavoro. Mai avrei pensato di diventare allenatore professionista. Ma quando ti sposi giovanissimo e a 22 anni hai 4 figli è necessario cercare un lavoro e assumersi le proprie responsabilità. Venivo da una famiglia di operai e non potevano mantenere una famiglia così numerosa. Mi sono preso le mie responsabilità, con coraggio e con l’appoggio dei miei cari. Ricordo la mia prima in assoluto in panchina: fu una sconfitta per 5-0, vi lascio immaginare la mia reazione. Alla fine con quella squadra di seconda categoria conquistai la salvezza. Sono partito dalle categorie inferiori, vincendo in prima categoria, in promozione, in eccellenza. Portammo il Tolentino in C2, successivamente mi chiamò il Lanciano proponendomi un incarico e pensai fosse un azzardo accettare. Allontanarsi da casa poteva essere quasi una mancanza di rispetto nei confronti di mia moglie e dei miei figli. Ma fu proprio Paola a spingermi a dire di sì, mai scelta fu più azzeccata. Vincemmo campionato, scudetto dilettanti, C2 e poi perdemmo la finale per andare in serie B. La mia carriera svoltò definitivamente a Cesena. Nel tempo ho coronato il sogno di guidare l’Ascoli, poi sono tornato a Cesena rispettando la richiesta di un dirigente con problemi seri di salute. Non dimentico la cavalcata col Trapani, ci avessero restituito i punti di penalizzazione ci saremmo salvati senza playout. E ancora l’esperienza di Carpi, laddove abbiamo fatto un capolavoro stravincendo. Eravamo una società teoricamente piccola ma estremamente organizzata e competitiva, con un dirigente fenomenale come Giuntoli. Prendemmo Lasagna dalla D, facemmo un lavoro incredibile. In A, dopo l’esonero, fui richiamato e viaggiammo a una media punti impressionante.

Quando Lotito mi chiamò non volevo accettare. Sia perchè sarei rimasto a Trapani se c’avessero restituito i punti, sia perchè c’erano tanti problemi e contestazioni di vario genere. Fu bravo a convincermi. Con tutto il rispetto e la stima per il mio predecessore, ma il mio modo di fare calcio era totalmente opposto e avremmo dovuto azzerare tutto. Mi accontentò sul mercato. Non che avessi chiesto Lewandowski, ma portarono uomini e calciatori funzionali al mio sistema di gioco. Quando partimmo per il ritiro di Sarnano c’era aria di contestazione in città e c’era un gruppo da plasmare. Per carattere sono uno freddo, che si emoziona ma che non si lascia trasportare dall’emotività. Fummo bravi ad isolarci, a non sentirci coinvolti in un qualcosa che esulava dal nostro compito. Il giudice supremo  e insindacabile è il campo, a me interessava incidere nella mia sfera di competenza e mettere a disposizione della società la mia professionalità. Partimmo forte, lo stadio vuoto non doveva rappresentare un alibi. Lamentarsi a che sarebbe servito? Le cose stavano così, ci adeguammo e pensavamo esclusivamente a vincere le partite. Non sto disconoscendo le potenzialità della piazza e la passione del pubblico, ci mancherebbe, ma stava nascendo un qualcosa di interessante e volevamo toglierci una soddisfazione enorme.

Arrivammo alla sosta primi in classifica, però poi perdemmo malamente a Monza ed Empoli. Non calcolo la sconfitta in casa col Pordenone: demmo tutto, gli episodi ci andarono contro e talvolta gli arbitri possono incidere negativamente sui risultati. Decisi di apportare delle modifiche, occorreva equilibrio. Rinunciai a giocatori bravi tecnicamente per variare qualcosa sul piano tattico. I risultati ci diedero ragione, per due mesi non prendemmo gol. Dopo i ko con Lecce e Monza ci davano per spacciati, invece correvamo più delle altre e coronammo questo grande sogno. Lotito era felice della promozione in A, non capisco come si faccia a dire il contrario. Mi ha messo nelle condizioni per lavorare bene, il mio calcio richiede tempo per portare i risultati sperati. In A è andata diversamente, ma preferisco non entrare in polemica o parlare male di qualcuno. Significherebbe fare pubblicità ulteriore. Sono felice che la Salernitana si sia salvata, va bene così.

Quando alleni in B o in A sai che ti relazioni con persone che vivono in condizioni agiate. E così non batti sul tasto della fame, ma su quello delle origini. Mai rinnegarle, bisogna sempre ricordarsi chi siamo, da dove veniamo e che percorso abbiamo fatto. Le mie squadre devono onorare la maglia, correre il doppio rispetto all’avversario, non concedere tempi di gioco e provare a verticalizzare subito. E’ importante anche la collaborazione con lo staff. Bocchini è un figlio acquisito, da anni è al mio fianco e parliamo la stessa lingua. Dopo gli allenamenti confrontiamo dati e statistiche. Sa già che tipo di relazione mi interessa. Quando ebbi il covid e vivevo in quel bunker c’era un dialogo costante: riuscivo egualmente a incidere e a seguire la squadra, ma mi fidavo ciecamente di lui e degli altri collaboratori. Tra questi c’era mio figlio Marco. Sono felice di aver scritto una pagina di storia, ma nel calcio non puoi permetterti di cullarti sugli allori e, un minuto dopo aver vinto, quel successo è già il passato. Spero di potermi togliere ancora tante soddisfazioni. Nel frattempo mi godo l’abbraccio di Salerno, una città in cui sono stato benissimo”. Castori devolverà l’intero ricavato in beneficenza.

L’evento termina con i ringraziamenti di Donato Alfani, giornalista e project manager del Festival del Calcio Italiano, che saluta mister Castori, Domenico Credendino, Massimo Boccucci e i tanti tifosi presenti e chiude l’undicesima edizione rinnovando l’appuntamento all’anno prossimo.