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Il 14 febbraio 2012 l’arresto di Goracci & C con accuse pesanti. Processo infinito: ora va sostituito un giudice

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L'ex sindaco Orfeo Goracci

Sono passati dieci anni da quel 14 febbraio 2012 che ha stravolto Gubbio, portando la città su tutti i telegiornali e la stampa nazionale per l’arresto alle prime luci del mattino di Orfeo Goracci e di suoi compagni d’avventura di Rifondazione Comunista e liste collegate alla guida del Comune dal 2001 al 2011. Non è stato un giorno di San Valentino come tanti. In quella che viene da allora denominata inchiesta Trust, finirono nella rete anche dipendenti ed ex dipendenti comunali. Goracci restò in carica fino al 2010 quando si dimise per candidarsi ed essere eletto consigliere regionale, lasciando alla guida del Comune la sua vice Maria Cristina Ercoli, anche lei arrestata.

Per la città e la politica cittadina è stato un durissimo colpo d’immagine con ripercussioni pesantemente negative, rivelatrici di un sistema che – stando alle accuse – è apparso agli occhi dell’opinione pubblica anche per certi versi squallido per taluni intrecci al di là delle vicende politico-amministrative.

E’ stata quella una vera retata che ha coinvolto 9 persone, con l’arrivo dei carabinieri che hanno portato Goracci al carcere di Capanne a Perugia con accuse gravissime e infamanti, oltre ad altre custodie cautelari e arresti domiciliari.

La Procura della Repubblica di Perugia aveva indagato per lunghi mesi su di lui e sulle persone vicine attraverso lettere, denunce, intercettazioni ambientali e telefoniche, ricostruzioni minuziose inserite in un dossier voluminoso che ha portato l’ex sindaco in quel momento vicepresidente del Consiglio Regionale dell’Umbria a fare 58 giorni di custodia cautelare tra carcere e domiciliari.

Nei lunghi giorni del carcere, Goracci e gli altri coinvolti si sono sempre dichiarati estranei ai fatti contestati e quindi alle accuse di associazione a delinquere, concussione e altri reati a vario titolo.

La vicenda ha messo un punto di chiarezza con il patteggiamento a 16 mesi di reclusione di Marino Cernicchi, l’assessore ai Lavori Pubblici, uomo di fiducia di Goracci, che ha ammesso le responsabilità.

”La logica era chiara: o eri donna e cedevi alle avances del sindaco Goracci o eri uomo e avevi agganci politici o di amicizia con Goracci o con persone riconducibili al suo gruppo, oppure eri fuori dai giochi”. E’ quanto afferma – scriveva testualmente in quelle ore il quotidiano La Nazione – agli inquirenti perugini una donna, vigile urbano a tempo determinato del Comune di Gubbio, che sarebbe stata illegittimamente esclusa dalle ”stabilizzazioni” perché ritenuta ”invisa” alla presunta associazione a delinquere promossa dall’ex sindaco di Gubbio. Il quale, alla richiesta di chiarimenti sulla mancata stabilizzazione, avrebbe risposto: ”Qui decido io, lei per me non entra”. Tra i tanti passaggi delicati dell’inchiesta, su uno dei tanti episodi in Comune, perfino la dottoressa Lucia Cecili, legatissima all’ex sindaco, nelle dichiarazioni messe a verbale in carcere a Capanne il 20 febbraio 2012 parla espressamente di “un’altra porcata di Goracci”.

Per i magistrati perugini, Goracci aveva messo in piedi un sistema di potere con decisioni arbitrarie ritenute fuorilegge dagli inquirenti e delle quali deve rispondere, con gli altri imputanti, nel processo in corso al tribunale di Perugia.

Il processo di primo grado è cominciato il 9 febbraio 2015 e ha avuto alterne vicende tra cambi di componenti nel collegio giudicante e le lungaggini, con il taglio dei testimoni ammessi, inizialmente circa 250 e poi sempre più scesi di numero per arrivare intanto alla prima sentenza con l’ombra della prescrizione che Goracci e gli altri potrebbero attivare per tutti i reati prescritti oppure per quelli che potrebbero ritenere a maggiore rischio di condanna.

Il processo continua ad andare per le lunghe. L’ultima udienza, il 3 febbraio scorso, è stata rapidissima per la riformulazione del calendario. Uno dei componenti, il dottor Matteo Cavedoni, è passato ad altro ufficio e la composizione in quella sede ha visto il presidente del tribunale di Perugia Mariella Roberti, con Paolo Sconocchia e Serena Ciliberto perché – ha detto il presidente del tribunale Roberti – il posto di Cavedoni è stato messo a concorso e pertanto la nuova composizione definitiva è in divenire.

Per questo il collegio ha solo fissato le date in prosecuzione, senza neppure rimettere le prove. Sono fissate due udienze: il 6 settembre alle ore 10.30 per riammettere le prove e sentire i testimoni Lorenzo Rughi (ex dipendente comunale che secondo l’accusa è stato penalizzato e vessato da Goracci) e l’ex assessore Marino Cernicchi che ha patteggiato a 16 mesi di reclusione ammettendo le responsabilità, e il 6 ottobre alle 14.30 per ascoltare il colonnello Goffredo Rossi del Ros dei Carabinieri.

Sul processo Trust c’è l’ombra della prescrizione, anche se i soggetti coinvolti sono perlopiù appartenenti a un orientamento politico-ideologico che ritiene la prescrizione non un’assoluzione e questo potrebbe avere un peso su tutta l’inchiesta giudiziaria quando la vicenda sarà conclusa.

Goracci chiama spesso a raccolta le truppe sui propri social, fino a criticare i magistrati che l’hanno inquisito. Ha sfidato la città candidandosi nuovamente a sindaco nel 2019 quando è andato molto al di sotto delle proprie aspettative nel riportare 2.140 voti che gli sono valsi comunque l’elezione a consigliere comunale di minoranza senza altri eletti dalle due liste civiche “Gubbio rinasce libera” e “Giovani, territorio, ambiente” che l’hanno sostenuto. Lui ha sempre rivendicato la legittimità dei comportamenti, l’essere un comunista nudo, puro e coerente, fino a rilanciare continuamente la lotta ai poteri forti. I sostenitori di Goracci credono ciecamente alle sue tesi complottiste.

I detrattori dell’ex sindaco gli ricordano quando, anche da parlamentare nel 1992, si ergeva a difensore della magistratura nello schieramento della sinistra radicale dove il semplice avviso di garanzia viene già ritenuto ideologicamente un motivo sufficiente per l’esclusione dalla politica attiva, così come la prescrizione non è assoluzione. Gli stessi detrattori gli ricordano di aver avvelenato il clima cittadino nei suoi anni da sindaco, con comportamenti divisivi e scelte penalizzanti per quelli che considerava i suoi nemici.

Il suo ruolo in Consiglio Comunale lo porta spesso a trattare tematiche cittadine delicate nelle quali riemerge l’impronta del passato da sindaco, su tutte le spinose vicende anche economiche – ritenute incompiute e fallimentari dagli avversari politici e da larga parte dell’opinione pubblica – del Puc 1 di San Pietro, la discarica di Colognola e la società partecipata Gubbio Cultura e Multiservizi.

Oggi di quella retata – con gli arresti per le gravissime accuse – resta un clima pesante che aleggia anche in sala Consiliare a palazzo Pretorio dove spesso i dibattiti consiliari sono attraversati da imbarazzi, silenzi e frecciate quando vengono affrontate certe vicende e problematiche.