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Processo Trust: Goracci studia con i legali la strategia sulla prescrizione

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L'ex sindaco Orfeo Goracci

Il presidente del tribunale di Perugia, Mariella Roberti, che presiede il processo Trust, ha detto con chiarezza che alla prossima udienza, il 13 luglio, gli imputati – a cominciare dall’ex sindaco Orfeo Goracci oggi consigliere comunale di minoranza – dovranno decidere e comunicare se avvalersi o meno della prescrizione per alcuni dei reati contestati dalla Procura della Repubblica di Perugia.

Goracci deve rispondere di varie accuse ed episodi, insieme ad altri politici come l’ex vicesindaco Maria Cristina Ercoli e gli ex assessori Lucio Panfili e Graziano Cappannelli, dipendenti (su tutti Lucia Cecili e Nadia Minelli confermate nelle rispettive sedi degli uffici comunali e di fatto promosse con gratifiche nonostante un procedimento penale che vede il Comune costituito parte civile) ed ex dipendenti comunali. Per lui le accuse più gravi sono associazione a delinquere, concussione e tentata concussione, abuso d’ufficio.

L’ex sindaco mette a punto la strategia insieme ai suoi avvocati, Franco Libori e Marco Marchetti. Le ipotesi d’azione sono diverse. Se si tiene conto esclusivamente della formazione ideologico-politica, la decisione potrebbe (dovrebbe?) essere una soltanto: rinuncia completa alla prescrizione per andare sino in fondo. Nel rivendicare orgogliosamente, come fa sempre, la militanza comunista è del tutto evidente la possibilità che rinunci in toto alla prescrizione, non avendo mai accettato la sua parte politica la prescrizione per gli avversari politici e non avendola mai considerata come un’assoluzione sebbene prevista come facoltà dall’ordinamento.

I legali potrebbero consigliarlo di accedere alla prescrizione per quegli episodi a rischio di condanna in primo grado per uno qualsiasi dei capi d’imputazione e di rinunciare per quelli ad altissima probabilità di assoluzione al di là della formula eventualmente da verificare.

Si tratta di passaggi molto delicati e questi mesi vengono dedicati a concordare le scelte più redditizie, in attesa del ritorno in aula a luglio quando è prevista l’audizione del testimone Franco Bazzurri, che la Procura della Repubblica di Perugia considera uno dei “vessati e perseguitati” nel sistema di Goracci che favoriva agli amici e danneggiava i nemici, secondo quanto sostenuto dal pubblico ministero Mario Formisano e da quanti hanno incrociato la strada dall’ex sindaco dal 2001 al 2010 (prima delle dimissioni per traslocare in Regione lasciando in anticipo l’incarico da sindaco) rivelando esperienze negative con gli episodi finiti sub judice.

C’è poi tutta la questione delle intercettazioni, in alcuni casi ritenute oltremodo scottanti e imbarazzanti, anche se sull’inchiesta Trust il diretto interessato (come gli altri imputati) ha sempre respinto ogni accusa rivendicando la legittimità e correttezza di ogni comportamento e atto adottato.

Va anche sottolineato come il processo Trust abbia avuto una sorta di “prologo” che a veder bene ha già messo un punto importante nella ricostruzione di quel periodo storico politico e amministrativo, visto che Marino Cernicchi, assessore ai Lavori Pubblici e strettissimo collaboratore di Goracci, ha patteggiato a 16 mesi.

L’ex sindaco tiene alto su Facebook il morale delle sue truppe, ricordando che è tornato in Consiglio Comunale nel 2019, quando con 2.140 voti è andato largamente al di sotto di quanto si aspettassero lui e i fedelissimi. Da allora è stato impegnato con il processo, partecipando alle poche sedute sebbene non obbligato (ne ha saltata una il 20 ottobre scorso presentando la giustificata assenza e facendo slittare l’udienza al 18 gennaio), oltre che nella vicenda finita in aula consiliare della causa intentata nei confronti del Comune. Aveva citato l’ente in giudizio per ottenere circa 18mila euro di spese legali dopo il proscioglimento su aspetti dell’inchiesta Trust ritenuti in parte personali non legati al mandato politico-amministrativo, salvo poi rinunciare per mantenere il posto da consigliere comunale dopo i pareri tecnici che ritenevano incompatibile per lui un eventuale ricorso alla sentenza di primo grado che gli aveva negato il risarcimento. Goracci ha alzato un polverone politico (ancora oggi interpreta dal suo punto di vista quanto accaduto) cercando i fantasmi nel gridare alla “tentata epurazione”, ma altro non era in realtà che una norma da applicare qualora non avesse rinunciato al contenzioso legale con l’ente (avrebbe potuto impugnare la decisione presa dal Consiglio Comunale).

Goracci sta caratterizzando la sua azione di consigliere di minoranza lanciando strali in continuazione. Si occupa del personale, sebbene quel settore sia tra i più scottanti in sede processuale, come evidenziato anche dalla lunga testimonianza dell’ex dirigente Gabriele Silvestri con dovizia di particolari e documenti. Interviene sui lavori pubblici, un altro settore altrettanto delicato come riscontrato pure dal patteggiamento dell’assessore di riferimento Cernicchi, per non dire dell’operazione fallimentare Puc di San Pietro e quella fantasma del Puc dell’ex ospedale. Pontifica sui cambi di casacca, sapendo di essere stato spesso accusato dagli avversari politici di essere un campione del mercato politico avendo arruolato di tutto di più, con patti trasversali perfino con la destra seppure sempre negati. Esterna anche sugli eventi, ricordando come Goracci tra i successi mediatici e le percezioni cittadine annovera sicuramente il famoso galà del ghiaccio con “strage di piccioni” in piazza Grande con incarichi fiduciari assegnati quando era sindaco.

Le contraddizioni sono un classico per Goracci, come la “lotta di classe” nella crociata contro quelli che chiama i “padroni” con i quali ha fatto il bello e cattivo tempo a seconda delle situazioni e il “pollice verde” sempre finalizzato alla ricerca del consenso elettorale: si fa capopopolo nella battaglia contro l’incenerimento del Css, ma tace da lunghi anni sulla discarica di Colognola attiva sopra una vecchia miniera di lignite per essere sfruttata come un “bancomat” (espressione usata tantissime volte nei feroci dibattiti politici in materia) senza aver accantonato un euro per il riambientamento, tra ripetute segnalazioni e denunce su inquinamento e fetore.

In Consiglio Comunale quando interviene prevale in aula una sorta di sudditanza psicologica nelle repliche (soltanto il sindaco Filippo Mario Stirati piazza qualche rivelatrice “botta fiacca” in punta di sciabola) e le convergenze che riesce a procurarsi hanno per lo più la matrice ideologica e perché dai banchi della sinistra c’è soprattutto il timore di lasciargli campo libero in quello stesso elettorato.

Non sono un mistero, infine, le sue esternazioni contro le categorie professionali: il bersaglio preferito sono ormai da anni i magistrati (ha assunto posizioni agli antipodi rispetto alle considerazioni della sua parte politica: si intuisce perché?) e i giornalisti che valuta a seconda della convenienza. Quella che oggi chiama disinformazione era da lui considerata una volta l’unica vera informazione: anche qui si può capire il senso della sua metamorfosi kafkiana.